Santiago (quindi io non c’entro niente) amava recitare in teatro.
S’era unito alla compagnia teatrale in lingua inglese della citta’, nonostante il perfidalbionico non fosse la sua lingua madre.
Aveva seguito tuto il cursus honorum degli attori emigranti: pescatore norvegese, giardiniere inglese, notabile ruteno (ma decaduto) in varie commedie.
Nelle tragedie, invece, aveva un incurabile tendenza a morire prima del terzo atto.
Una volte ebbe perfino il dubbio che il pubblico segretamente approvasse e apprezzasse la sua morte.
Santiago si rendeva conto che il suo inglese non era abbastanza elegante.
Una volta il regista gli aveva detto che pronunciava l’Inglese con un accentuazione molto meridionale.
Mentre si allontanava chiedendosi se davvero nell’ estremo sud dell'Inghilterra, in posti come l’ East Sussex, parlassero come lui, senti’ le voci degli altri che ora parlavano di Malta.
Nonostante ci fossero molti pretendenti al ruolo principale, che da copione doveva baciare la bionda e ubertosa co-protagonista.
Santiago avrebbe voluto tanto partecipare anche alla coreografica scena del duello.
Si ricordava di quando, dopo essersi vestito per anni da cosacco o soldato dell’armata rossa aveva potuto scegliere ed era diventato Zorro.
Il piccolo Santiago allora gia’ sapeva che ne uccide piu’ la penna della spada, ma cio’ nonostante si procuro’ di far strage di fatine e principi turchini degni di solo di andare in tv, melanconici Pierrot emo e maghi antirazionalisti.
Quel giorno c’erano state le audizioni.
Santiago aveva recitato bene e aveva messo un dubbio nel regista che non aveva saputo dire, alla fine, chi avrebbe ottenere l’agognato ruolo di attore principale.
Poi al pub, a bere, ridere e scherzare; come sempre.
Il regista disse a Santiago: devi lavorare di piu’sul diaframma.
Santiago rispose: “Eppure pensavo che esistessero metodi contraccettivi piu’ efficaci”.
Tra le risate generali, il regista lancio’ un occhiata all’aiuto regista.
Santiago si senti’ osservato e capi’ che anche questa volta non sarebbe riuscito a sopravvivere al terzo atto.
Il regista sorrise perfidamente.
Erano passate delle ore e mentre Santiago stava tornando in teatro a prendere la tracolla col suo computer.
Egli si chiedeva se il regista era serio quando diceva che un attore avrebbe potuto ricevere una coltellata del primo atto e morire dissanguato lentamente solo nel terzo atto mentre la vicenda si dipanava innanzi a lui senza che nessuno lo soccorresse (metafora dell’incomunicazione).
Forse per il troppo alcool si scopri’ a pensare che i teatri sono luoghi magici: non sanno stare zitti nemmeno quando sono bui e vuoti. Hanno visto cosi’ tanta vita che semplicemente non riescono a dormire e non pote’ fare a meno di accennare un inchino al pubblico, una volta guadagnato il centro della scena.
Proprio in quel momento una luce bianca lo investi’.
<continua...forse>