Monday, 27 July 2009

Io il romanticismo l'ho studiato così.


Quando mandai un messaggio alla mia (allora da poco) ragazza dicendo: "andiamo a Erice a vedere il tramonto sulle saline, quando il sole si riflette sulle mille vasche e per un attimo tutto diventa rosso".
Lei pensò che fossi un tipo romantico e si congratulò con la sua scelta.
Ammetto che si sorprese non poco quando dietro di noi posteggiò il van del mio cugino bolognese, con altri 6 suoi amici.
Quella sera si rise parecchio..ma non era abbastanza romantico secondo i di lei canoni.

Il giorno dopo promisi una visita romanticissima.
Portai lei e (il cuginame) alle catacombe dei cappuccini a Palermo.
Qui si trovavano, mummificati. i corpi di circa 8000 corpi mummificati con varie tecniche, alcune delle quali non sono ancora ben comprese.
Molti erano di nobili e prelati. Spesso persone che non erano in grado di elaborare il lutto o che volevano conservare a lungo i resti della persona amata, chiedevano che i corpi subissero questo processo di mummificazione.
Tetro quanto vuoi (anche perchè dopo secoli i corpi subiscono i segni del tempo), triste (considerato che in fondo dormire sotto terra è meglio che essere esposti-venduti a turisti non sempre rispettosi).
Però molto interessante e, come feci notare alla mia compagna, corrispondente al topos di amore e morte che connota il romanticismo.
Forse non usai le parole giuste perchè lei (di formazione scientifica) non sembrò apprezzare particolarmente (se passi 5 anni a circoscrivere cerchi in triangoli è chiaro che la capacità d'astrazione viene meno).

Quando proposi un romantico viaggio a Londra la vidi un pò preoccupata.
Andammo a visitare musei molto vivi (per esempio io ho imposto suggerito un posto romantico come il museo delle scienze dove ammirare cose come una copia del LEM, vari razzi vettori e il modulo di rientro originale dell'Apollo 10.
Lei invece mi ha portato a vedere il British Museum, con particolare attenzione alla galleria sull'Egitto con tutte le sue mummie (che io avevo già descritto qua).
Perchè lo scrivo?
Perchè io sono uno che rinfaccia abbastanza (un rinfacciolo), ma visto che ultimamente devo accumulare troppe informazioni e tendo a dimenticare le cose.
Ci tenevo a scriverlo su questa specie di diario....così la prossima volta che mi dicono che ho uno strano concetto di romanticismo potrò ricordarmi chi era che voleva vedere le mummie =)).

Ora vado che è tempo di valigie.

Thursday, 16 July 2009

Nella terra dei Caerdydd.

Facendo sponda su Parigi, atterro a Cardiff.
O almeno spero: l’air-bus avrebbe fatto scalo a Glasgow e Cardiff.
Io, come sempre mi addormento sugli aerei, per cui all’arrivo mi viene il dubbio su quale fermata io sia sceso.
Puo’ sembrare un dubbio banale, ma non lo e’ in Gran Bretagna.
Uscendo dall’aeroporto che e’ uguale a tutti gli aeroporti, si trovano pianure verdi delimitate da muretti di pietra o siepi e villette a schiera di cui e’ stata disseminata l’isola con poca possibilità di discriminare tra le due città.
Per fortuna la bandiera bianca e verde su cui campeggia il drago rosso mi conferma che sono in Galles.
Sembra una terra in cui trovare risposte alle grandi domande: per esempio questa, che mi pone una pubblicita’: “sgwrs a rhywun?” merita sicuramente una risposta....ma non vale citare il proprio codice fiscale.
Il giorno dopo ho il primo colloquio di lavoro.
Nel mondo delle biotecnologie, con le aziende ci sono due problemi: le aziende che vanno male si fondono tra loro con repentine riduzioni di personale.
Se invece vanno troppo bene: ne vengono venduti i brevetti e vengono rilocalizzate in Cina (altra terra di draghi) con un quarto della spesa per il personale.
L’azienda per cui faccio un intervista non corre questi rischi.
Dopo l’intervista, vago per la citta’.
La citta’ e’ piena di giuovani coppie di tutti i colori.
I Gallesi non sembrano dissimili da noi italiani, solo con due spalle cosi’, il che spiega perche’ al calcio preferiscano il rugby.
Fenotipicamente, invece si presentano dissimili dagli inglesi che hanno caratteristiche somatiche ben definite quali la pelle trasparente (gli inglesi avrebbero potuto mappare il sistema circolatorio umano senza nemmeno studiare i cadaveri).
La popolazione Gallese si compone anche di molti gabbiani.
Grossi, grossi, che avrebbero fatto paura a quel non-longilineo di Hitchcock.
Ti guardano supponenti, forse sono loro i veri proprietari del Galles.
In generale la citta’ sembra “giovane”, un po’ confusa ma dinamica, quansi in divenire. Esattamente il contrario dell’ultraconservatrice Svizzera, insomma, il Galles e’ un bel posto dove vivere, anche se forse turisticamente meno appariscente.
Il secondo giorno vado all’universita’ per il secondo colloquio(la ricerca sara a meta’ tra universita’ e l’azienda).
Il dipartimento non sembra grande, ma ha due premi Nobel, la gente e’ affabile e cordiale.
Credo che ci siano almeno altri 6 candidati da intervistare.
Arrivo un po’ prima, stanno ancora intervistando il precendente ma non si sente niente.
Entro io, si inizia  a parlare. In realta’ ridiamo per tutto il tempo.
Non riesco a capire se le cose vanno bene cosi’: un intervista di lavoro non dovrebbe essere il massimo del formalismo e della serieta’?
Ad un certo punto mi fanno i complimenti per il mio inglese.
Dico che e’ la prima volta che me lo dicono. Aggiungo che quando facevo teatro in inglese mi facevano sempre fare parti da emigrato maltese, tipo giardiniere. Sono sicuro che potendo vivere fra “native speakers” potrei assurgere ad un ruolo a me piu’ congeniale, tipo re (del mondo).
Finisce l’intervista. Riapassandola a mente non capisco come sia andata.

Il giorno dopo ricevo una mail: li devo ricontattare al piu’ presto.
Chiamo immaginando di avere fatto qualche casino coi rimborsi dei biglietti, in realta’ vogliono sapere quanto vorrei iniziare a lavorare da loro.
Me lo faccio ripetere per essere sicuro.
Quando finisce la domanda: immagino che qualcuno bussi alla porta.
Sono io, armato di pipetta e buona volonta’.
Pronto a ripartire: conquistare il mondo non e’ difficile ma e’ importante trovare un buon punto di partenza.
Io inizio ad Agosto, staro’ li’ almeno 3 anni.
Io vado, voi restate dove siete, ma non crucciatevi, in fondo lo ammetto: le ragazze slave vestite da babbo natale sono un colpo di genio degno delle mie migliori fantasie di bimbo.

Tuesday, 7 July 2009

Thursday, 2 July 2009

Il sole svedese tramonta a mezzanotte e risorge verso le tre

.Io pensavo che New York fosse la citta’ che non dorme mai  , ma non e’ che a Göteborg  si dorma tanto.
Gli Svedesi dovrebbero imparare a mettere alle finestre le Persiane o le Veneziane (non inteso come donnine), insomma delle tapparelle (ma non inteso come donnine di bassa statura).
La mattina un taxista svedese viene a prendermi.
Si parla del piu’ del meno e di politica.

Mi dice che lui e’ molto favorevole agli immigrati: “noi svedesi passiamo per gente aperta di mente, ma io non dico di si agli immigrati perche’ sono ingenuo: le famiglie di oggi sono meno numerose di quelle di ieri ed io ho bisogno che nuovi lavoratori contribuiscano a mandare avanti il nostro sistema pensionistico”.
Non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista, ma e’ vero!
Sopratutto per l’Italia, dove la gente ha una vita media piuttosto lunga (alla CGIL fra un po' saranno piu' pensionati che lavoratori).
Propongo quel taxista per la guida del PD, tanto piu’ o meno e’ lo stesso.


Ad Amsterdam una hostess spinge per fare entrare le valigie nel bagagliaio.
Qualcuno dice: “non pressi ci sono delle piante”.
La hostess ora mette una cura indicibile nell'inserire la valigia.
Gli olandesi sono etnologicamente dei giardinieri davvero dotati.
Idolatrano i bulbi di papavero. Un mio amico (che pero’ non e’ un agricoltore, dice che per certe piante gli olandesi vengono subito dopo i jamaicani).
Sul volo per Roma ci sono 50 preti americani come non se ne vedevano da anni, con la tonaca, vecchia maniera.
Vengono da un seminario texano e vanno a Roma a vedere il papa.
Mi trovo nel mezzo di un gregge di genti nerovestite che dicono: “che mi prenda un colpo se quello non e’ il vecchio Don Jhon”. Penso che sto espiando il fio qualche colpa, o sto accumulando credito per il futuro, poi penso a quel gran fio di un beffardo checkin-o (omino del check-in) che mi ha messo in mezzo a 'ste pecore nere.

L’ultimo aereo va verso Palermo. E’ Alitalia, ritarda di un ora. Un tizio grasso con camicia nera e cravatta rosa dice a un suo amico che se ne sta andando in pensione a 50 anni perche’ dipendente regionale. Non posso fare a meno di pensare a quanti emigranti ci servirebbero per pagargli la pensione.
Dopo 6 voli in meno di 24 ore sono davvero stanco.
Ma ho solo due giorni per preparare un altra intervista. Questa volta il colloquio e’ nella perfida Albione (non perdete il prossimo post dalla terra dei draghi volanti:  a Cardiff.