Sunday, 21 October 2007

Sul Diesel come modello di vita (parti lento, vai lontano).

Buio, sveglia livida. Sono le 6.00, "Amy la cigliona" canta a suo modo, d’amore.
E’ troppo presto. Mi guardo attorno. La mia camera sembra un campo di battaglia e, ad occhio e croce non credo proprio si sia vinto. Torno a dormire.

Buio, sveglia astiosa. Sono le 7.00, si canta di "Minnie l’impicciona".
Ancora troppo sonno. In Sicilia si dice che alcune persone sono impastate (molecolarmente) col sonno. Penso che  “Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” Poi dormo.
Buio, sveglia imperiosa. Va bene. Nina Simone, mi alzo.
Caffe’ forte, latte caldo, biscotti ovattati(?). Voglio dormire. Ho perso tutti i treni, mi tocchera’ andare in moto.

La radio dice che fuori soffia la “bise noir”.
Ho visto lo scirocco portare sabbia, tingere il cielo di rosso, depositarla su tutto facendola diventare una citta’ vuota e desertica.
Da piccolo, giu’ al nord, un giorno soffiava la bora, io mi stringevo nel montgomery a fantasia scozzese e tenevo forte la mano a mia madre perche’ avevo paura di volare via.
Che sara’ mai un vento che ha un nome che sembra un profumo?
Prendo la giacca nera da moto, mi avvolgo nella sciarpetta rossa e via, incontro a la bise noir.

La giornata e luminosa, ma mi basta fare pochi metri: giunto al palazzo della League of Nations per capire un laghetto vicino Gstaadche si tratta di uno di quei venti subdoli che si caricano di freddo sulle Alpi, di umidita’ sul lago, entrano nei pantaloni e risalgono fino a congelarti i gioielli, insomma uno di quei venti congela-marroni (in francese, Marron glace’, appunto) (foto in alto a Sx).
Ecco ora ho freddo, oltre che al sonno.
Quando Silvia mi invito’ al meeting mi fece un offerta che non potevo rifiutare: avevano preso un sacco di soldi da sponsors e, pur andando in un hotel di lusso rischiavano di dovere ridarli indietro.
Scorrendo la lista dei mecenati vi trovai quelle aziende che fanno un sacco di belle cose ma di cui non diro' niente perche' hanno degli avvocati cattivissimi e perfino una simpatica azienda di biotecnologie che anni fa apparteneva al Vaticano.
Decisamente non si potevano tornare indietro ‘sti soldi. M’immolo: mi tocchera' dormire come una stella marina su un lettone matrimoniale solo per me....peccato non potere mettere a carico loro anche il Minibar.

Arrivo. Il meeting e’ iniziato. Entro in punta di piedi e mi siedo lentamente in ultima fila sperando che non si noti il mio arrivo in ritardo. Levo la giacca. La giacca da motociclista si chiudono con la cerniera, bottoni e il  velcro (rumosissimo). Ora tutti mi guardano. Quasi quasi mi rimetto il casco.
Il giorno dopo scendo dalle Alpi con la moto.Alpi
La strada scende tortuosa e nelle zone d’ombra c’e’ del ghiaccio.
Devo stare molto attento, guardare solo la strada: un errore sarebbe fatale.
Pero’ attorno ci son dei colori troppo belli e non solo i boschi selvaggi perfino quelle viti coltivate su pareti verticali hanno il loro fascino.
Cosa faccio? Mi concentro sulla strada e mi perdo i colori attorno?
Vivere non e’ solamente assicurarsi di potere andare avanti incuranti del resto. Ma e’ ugugalmente sbagliato fermarsi per ammirare cio’ che abbiamo attorno, senza andare avanti.
Sarebbe bello riuscire a fare entrambe le cose e, se penso a me stesso ora, mi sto muovendo in una direzione, prendendo sempre piu’ coscienza delle cose che mi circondano.

La coscienza di cio' mi fece accennare un sorriso e notai una luce (interiore?) riflettersi sul casco cromato.
Giorni dopo, arrivo’ una foto e un bollettino per il pagamento di una multa.
Nella foto il sorriso si vedeva ancora abbastanza chiaramente.

Thursday, 11 October 2007

There is a light that never goes out

Santiago (quindi io non c’entro niente) amava recitare in teatro.
S’era unito alla compagnia teatrale in lingua inglese della citta’, nonostante il perfidalbionico non fosse la sua lingua madre.
Aveva seguito tuto il cursus honorum degli attori emigranti: pescatore norvegese, giardiniere inglese, notabile ruteno (ma decaduto) in varie commedie.
Nelle tragedie, invece, aveva un incurabile tendenza a morire prima del terzo atto.
Una volte ebbe perfino il dubbio che il pubblico segretamente approvasse e apprezzasse la sua morte.
Santiago si rendeva conto che il suo inglese non era abbastanza elegante.
Una volta il regista gli aveva detto che pronunciava l’Inglese con un accentuazione molto meridionale.
Mentre si allontanava chiedendosi se davvero nell’ estremo sud dell'Inghilterra, in posti come l’ East Sussex,  parlassero come lui, senti’ le voci degli altri che ora parlavano di Malta.

Nonostante ci fossero molti pretendenti al ruolo principale, che da copione doveva baciare la bionda e ubertosa co-protagonista.
Santiago avrebbe voluto tanto partecipare anche alla coreografica scena del duello.
Si ricordava di quando, dopo essersi vestito per anni da cosacco o soldato dell’armata rossa aveva potuto scegliere ed era diventato Zorro.
Il piccolo Santiago allora gia’ sapeva che ne uccide piu’ la penna della spada, ma cio’ nonostante si procuro’ di far strage di fatine e principi turchini degni di solo di andare in tv, melanconici Pierrot emo e maghi antirazionalisti.

Quel giorno c’erano state le audizioni.
Santiago aveva recitato bene e aveva messo un dubbio nel regista che non aveva saputo dire, alla fine, chi avrebbe ottenere l’agognato ruolo di attore principale.
Poi al pub, a bere, ridere e scherzare;  come sempre.
Il regista disse a Santiago: devi lavorare di piu’sul diaframma.
Santiago rispose: “Eppure pensavo che esistessero metodi contraccettivi piu’ efficaci”.

Tra le risate generali, il regista lancio’ un occhiata all’aiuto regista.
Santiago si senti’ osservato e capi’ che anche questa volta non sarebbe riuscito a sopravvivere al terzo atto.
Il regista sorrise perfidamente.
Erano passate delle ore e mentre Santiago stava tornando in teatro a prendere la tracolla col suo computer.
Egli si chiedeva se il regista era serio quando diceva che un attore avrebbe potuto ricevere una coltellata del primo atto e morire dissanguato lentamente solo nel terzo atto mentre la vicenda si dipanava innanzi a lui senza che nessuno lo soccorresse (metafora dell’incomunicazione).

Forse per il troppo alcool si scopri’ a pensare che i teatri sono luoghi magici: non sanno stare zitti nemmeno quando sono bui e vuoti. Hanno visto cosi’ tanta vita che semplicemente non riescono a  dormire e non pote’ fare a meno di accennare un inchino al pubblico, una volta guadagnato il centro della scena.
Proprio in quel momento una luce bianca lo investi’.
<continua...forse>

Sunday, 7 October 2007

Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza.

Cielo. LagoL’altro di’ parlavo con Jesus (un mio amico Cileno, non il figlio di dio). 
A Jesus non piace Ottobre cosi’ come non ama i periodi di transizione.
Jesus dice che questo mese, coi suoi colori opachi gli ricorda "chiedi alla polvere”: di come tanta vita, emozioni e sentimenti possano poi finire come una pagine scritte a matita su un foglio che si perde nel deserto.
Ponderai: sotto il mio letto c’e’ una polvere tale che se “chiedi alla polvere” quella, capace che ti risponde....tant'e' piena di vita.
Non trovo Ottobre cosi’ brutto.
Lo sapete perche’ il comunismo non e’ durato?
Sapete qual’e’ l’autore Italiano piu’ famoso oltre cortina?

Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu', e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?"
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu', di un blu' che così blu' il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
"Lei non sa chi sono io!"
Gli spiritosi lanciavano frizzi:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva."
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu' fece in tempo a pensare:
"Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tu
tti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."
Si: era Gianni Rodari, l’autore italiano piu’ famoso nei paesi dell'est.
Immagino queste persone, immerse nel grigio dei palazzoni del socialismo reale, nella nebbia, vedere cambiare i colori delle foglie e pensare al semaforo blu.
Ottobre non e’ un mese di grandi cambiamenti (l’Oktoberfest e’ a settembre, la rivoluzione di Ottobre e’ a Novembre).
Ma ogni grande rottura passa per la creazione di piccole crepe.
Ci sono piccoli segni che le cose cambiano e continuano a cambiare.
Parlando incontriamo la tecnica che mi aiuta negli esperimenti (un esule dell’11 Settembre Cileno).
Lei va di fretta: c'e' una conferenza per i 40 anni della morte del Che, dice.
Ha una sessantina d'anni, degli occhiali spessi, degli occhi grandi e uno sguardo che mira lontano.
Forse non e' un classico iconografia della rivoluzione permanente, ma i sistemi crollano anche perche' c'e' gente come lei.
Aggiornamento: visto che alcuni mi chiedevano lumi sull'11 Settembre Cileno ho aggiunto il corto di Ken Loach sul documentario dell' 11 Settembre. E' un video bellissimo e vi consiglio vivamente di vederlo- clicca qua.

Wednesday, 26 September 2007

De un viejo y la mar

Era un vecchio che navigava da solo su una barca a vela nella corrente del Golfo.
Attorno aveva il nulla: il sole cocente e quella distesa di azzurro che era tutto ma, proprio per questo, non era niente.
Quel sole l’aveva una volta visto giovane. Si dice che fosse allegro e perfino
scanzonato, sognatore e  innamorato come lo si puo’ essere solo quando si e’ giovani.
Ci fu una tempesta.
Quando rientro’
ferito in porto, trovo’ una lettera di lei che se ne andava al di la’ di quel mare.
Maledi' quel  mare che tutto separa.

Il pescatore, Santiago, non s’era mai sentito cosi’ solo e per la prima volta, dalla ferita nel petto sentiva ora entrare tutto il freddo e il sale dell’Oceano.
Col tempo, Santiago era diventato silenzioso.
Tranne le sere, alla taverna del porto, dove si aggirava con un aria malinconica e con un bicchiere di vino rosso.
Gli chiedevano di raccontare storie di pesci, di altri mari, genti lontane.
Era bravo a raccontare. Ci sembrava a tutti di essere lui e quando si tornava a casa, ci si sentiva tutti dei piccoli eroi.
Una sera, forse con piu’ vino gli chiesero di raccontare una storia d’amore.
Santiago, nonostante il tanto vino, si fece serio.
Sussurro’ che le parole d’amore le aveva gia’ usate tutte. Non le aveva piu’ con se. Guardo’ in basso e aggiunse: “Sono al di la’ del mare, intrappolate dentro lettere. Non m’e’ rimasto piu’ niente”.
Lo guardavo in silenzio, aveva uno sguardo profondo come il mare, lo stesso mare che aveva mille volte sconfitto, nelle altre storie.
Non quella sera, pero’. Fu una sera senza eroi.

I giovani volevano bene a Santiago, a cui riconoscevano una grande abilita’ nel seguire i pesci piu’ aggressivi, con tenacia, senza paura.
Zac! Un momento preciso del braccio e la punta della fiocina scompariva, lasciando un fiotto di sangue.
Un giorno, pero’ la vecchia ferita torno’ a fargli male nel momento sbagliato. Perse un pesce cosi’ grande che avrebbe potuto sfamare le famiglie degli altri pescatori per giorni.

Capi’ di essere invecchiato presto e per la rabbia contro se stesso due grosse lacrime gli rigarono lentamente il volto.
Lui, vecchio pescatore, scopriva ora che per quanto il mare sulla faccia possa essere salato, le lacrime lo sono di piu’.
E in quel momento capi’ d’essere stato esposto a troppi venti.
Si sentiva come quelle vecchie barche che, semidistrutte da una tempesta non meritano piu’ la fiducia dei pescatori, anche quando sono state riparate.

Da piccolo aveva pensato che un muretto separasse il cielo dal mare ed era anche stato certo che sul quel muretto di mattoni si poggiasse il sole per dormire.
Un giorno il vecchio prese la sua barca e la punto’ al cuore di quel mare che da giovane aveva considerato un acerrimo nemico, piu’ tardi un fiero avversario.
Ora vedeva il mare come una madre pronta ad accoglierlo, forse a  cullarlo.
Una madre che univa tutte le terre degli uomini, e ne tratteneva i sogni piu’ grandi e semplici.
Sogni troppo grandi per essere sognati da uomini, che un tempo s'eran creduti eroi.
Piccole onde, dolci come baci passati, carezzavano la barca. Il vecchio si era addormentato. Dormiva bocconi. Il vecchio, nonostante tutto, ancora sognava.
La storia continua qua.

Saturday, 22 September 2007

I love you baby (but not like I love my guitar).

Sveglia all’alba e via. Direzione Monaco per l’ennesima conferenza.
Bella quest’alba, la cui luce si suffonde sul lago e le montagne, da un senso di pace, di speranza.
Quando tutto e’ cosi’ tranquillo cosa puo’ farci male?
Mentre pondero cio' la mia compagna di lab estrae una serie di cd di Prince (foto a Sx).

Mentre si scende al Nord, incomincio a odiare il sexy nanetto e a immaginare posti dove mettere la sua preziosissima chitarra.
Dopo 3 ore di urletti e schitarrate campionate, perso fra le montagne Austriache fra mucche e Tirolesi in costume tipico penso di essere fottuto (e infatti vedi gia’ le indicazioni per Fucking), finalmente si passa la frontiera, siamo in Bavaria.
Der kleine Prinz imperversa e, quasi quasi mi convinco che la sua visione sessuocentrica del creato possa non essere errata (infatti vedo l'uscta autostradale che porta a Petting.)
Decido che d'ora in poi potrei farmi chiamare “l’artista un tempo noto come Falloppio”, dopo esserci persi un altro paio di volte, arriviamo.
Mi registro in albergo firmando

.

Vado a pranzo. Dove mi siedo?
Allora ci sono un americano, un francese un tedesco.
Se mi siedo al loro tavolo siamo in 4 e possiamo raccontarci tante di quelle barzellette dove infine lo spirito italico ha la meglio sulle altre barbare genti.
Il secondo tavolo e’ da sei ed e’ piu’ difficile decodificarne le nazionalita’ e quindi e’ piu’ interessante.
Ci sono una Norvegese (questa l’avevo indovinata), un Israeliana, un Australiana e un Americana, uno ha i baffi e dei capelli crespi, spessi.


Ha proprio la faccia a pastore siciliano. Invece e’ Irlandese.
Invece l’Americana e l’Australiana sono figli di emigranti Siciliani, seconda generazione.
Che girandola di DNA e storie!
Certo che gli Irlandesi sono uguali ai Siciliani. Non mi stupirei nello scoprire che  nell'entroterra vicino Akragas parlano il gaelico.

Al ritorno guido verso casa, sono stanco ma contento perche’ saro’ a casa in tempo per fare una pastazza come si deve che rassicuri il mio fegato che per tre giorni ha ricevuto vitamine, verdurine e altre cose a cui non e’ abituato.
Qua attorno le francesine del lab dormono, io ascolto un pezzo jazz e un po' mi commuovo.
Forse sarebbe piu’ appropiato commuoversi col blues, ma io sono cosi’ mi commuovevo anche tagliando semplici spicchi di aglio che confondevo con cipolle non cresciute. Non sono sensibile: sono i
gnorante, e' diverso.

Mentre penso tutto cio’ ci dobbiamo fermare nel traffico per un ora vicino Zurigo.
Scopro che il traffico e' causato dai curiosi che guardano un incidente nella corsia opposta.
La gente brama vedere budella e sangue...ma cosi' fa tardi per vedere Grey's Anatomy.

L'autostrada va lenta (qui il limite e' 120 km/h), scavalca montagne e laghi.
Io ora vorrei solo essere a casa, dormire tanto, sognare di piu'.
Pulire il mio piccolo pianeta dai terribili Baobab (che e' un bel modo per dire che devo pulire la cameretta prima che i nemici invisibili dell'igiene mettano il contratto dell'appartamento a loro nome).
Riordinare tutti i mondi che ho conosciuto, le storie che ho sentito.
E' strano come per dare un senso ai mondi serva solo un po' di silenzio e il piccolo spazio che ci piace definire "nostro", (anche se poi e' solo in affitto).

Thursday, 13 September 2007

Lezioni di nuoto per chi si perde in un bicchier d'H20

[continua] Il mio regale genitore e’ andato in pensione.
Un mio amico mi ha detto che suo padre, da neopensionato, era tristanzuolo.
Poi scopri’ la campagna. Ora suo padre zappa in continuazione.
Un altro ha ripreso a lavorare ammettendo la sua incapacita’ di smettere.

Un terzo s’e’ impegnato in una missione suicida: fare l’amministratore condominiale in un condiminio a Palermo.
Immagino queste tristi figure e decido di trovare qualcosa che possa occupare il tempo del mio genitore.
Io ho sempre voluto un cane.
Ho deciso:
utilizzero’ il SUO tempo libero per accudire il cane che IO ho sempre desiderato.
Richiamo l'attenzione di mio padre e inizio a declamare le doti del cane:
-E' il migliore amico dell’uomo (e dopo i neonati la migliore esca migliore per ragazze).
-E' un arma di difesa contro i ladri che vogliono metterti a soqquadro la casa (anche se ammetto che se guardo la mia cameretta, non credo di avere bisogno di aiuto).
-E' utile avere qualcuno a cui continuare a insegnare. Come a scuola, anzi meglio, perche’ i cani sono intelligentissimi.
Il mio babbo alza l’occhio e, come se non avessi detto niente, mi chiede di aiutarlo a sistemare le foto che si era sviluppato anni fa, mi spiega infatti che, tra palestra, camminate in montagne, teatro e cineforum da organizzare ho pochissimo tempo per catalogarle.
Non ci sono piu' i pensionati di una volta.

Quando ero piccolo mi arrampicavo sul grande albero di gelsi rossi. Da lassu' vedevo la vecchia casa, un mondo sconosciuto e perfino i miei amici (con cui stavo giocando a nascondino).
Aspettavo all'ombra (mentre loro seccavano al sole), poi dopo un po' li andavo a cercare.

Racconto di questo ai miei cuginetti Ettore ed Elena.
Poi dico loro che oggi sono i tempi sono diversi.
I giovani stessi stanno tornando indietro, alla preistoria.
Gia' si esprimono attraverso suoni gutturali,e sillabe tronche e senza grazia.
Nel processo di involuzione che percorrono, direi che sono giunti al periodo Fenicio la cui lingua, com'e' risaputo si basava su un alfabeto consonantico, infine, i giovani d'oggi, hanno come maestro di vita un anziano col cappellino.
Elen
a mi guarda con gli occhi vispi cosi' tipici dei suoi 12 anni, ma mi osserva come se guardasse un vecchietto acido un po’ rimbambito. Probabilmente non  ha capito cio' che ho detto.
Infine, visto che il peperone imbottito sta richiamando sangue dal corpo (cervello compreso), le chiedo se mi puo' leggere il libro di Sciascia che stavo leggendo.
Elena inizia a raccontare mentre Ettore ascolta qualcosa sul suo iPodio.

I giuovini non sono male, sono solo ingenui.


L’ultimo giorno al mio risveglio trovo una lettera che dice.
"Egregio cug
inone.
Ti scrivo ora perche’ il prossimo anno saro’ a pieno titolo tra i teen agers e non saro’ piu’ in grado di scrivere o formulare pensieri in lingua corrente (infatti mi sto gia’ esercitando col fenicio).
Ci tenevo a dirti che anche se da giovane ascoltavi dei vecchi quali Guccini, non sei venuto su proprio male.
A questo aggiungo che, anche se non te lo ricordi o non lo vuoi amettere. I gelsi ti fanno schifo".
A volte mi chiedo: ma se i giovani sono acuti e gli anziani retti, non saremo noi giuovini di mezz’eta’ gli unici ottusi?.


Tuesday, 4 September 2007

"Di quanto mi perdo quando mi ritrovo".

Ormai sono 5 anni che vedo l’Italia da lontano. La fotografo a scatti piu’ o meno ogni 6 mesi e ogni volta che varco la frontiera mi rendo conto di come essa stia cambiando.
In aeroporto, al contrario di certi giornalisti non mi infastidiscono le veline che prone mi mostrano la loro tariffa cellulare ma tutto cio' che le circonda: la Berlusconite.
Guardo l’imbarco che ho fotografato. Mi chiedo perche’ mai per salire su un mezzo di trasporto mi servano tappeti, luci, archi, passamani etc.
Io sono un viaggiatore. Il viaggiatore e’ un essere virtuoso: un insieme di adattabilita’, apertura mentale, passione e voglia di conoscenza. Io sono un essere virtuoso (e modesto) ma piu' guardo quella porta, piu' mi sento Mike Bongiorno a “la ruota della fortuna”.

A volte credo che la gente sia impazzita.
Molti Albanesi hanno capito che l’Italia non era quella che si vedeva in tv ed hanno smesso di imbarcarsi su barconi fatiscenti.
Al contrario, noi abbiamo iniziato a crederci e non ci accorgiamo di contribuire ad affondare questa "nave senza nocchiero in gran tempesta".

Per vivere nella societa' dell'apparenza si scende a compromessi con la morale.
Cosi' facendo si diventa una rotella dell’ingranaggio: si perdona qualsiasi cosa se dobbiamo giudicare colui al cui posto vorremmo essere.
Io cosi’ mi spiego l’amore per certi politici, l'avversione per le tasse e per il pubblico, la scalata sociale di gente che non ha nessuna qualita'.
Tutte questi sono sintomi di un sistema che e' impazzito, e che perfino si autodifende credendosi sano.

Per fortuna, penso io, ci sono i bambini, loro ci salveranno.
Quando io ero piccolo costava tanto viaggiare con le paludate compagnie di bandiera.
Oggi puoi volare a prezzi irrisori su aerei coloratissimi (m’e’ capitato di pagare piu' il posteggio della moto del volo stesso).
I Bambini di oggi, domani viaggieranno e reimpareranno questi valori che qui si sono perduti. Li ripianteranno a casa dove cresceranno rigogliosi.
I Bambini sono puri, avventurosi per definizione.
Con occhi benevoli li guardo giocare, fanno capriole sulla moquette.
Il piu’ grande di tutti spinge gli altri per terra gridando “ITALIA UNO!”.
I genitori riprendono al scena col telefonino....

Sconcertato mi avvicino a un bimbo che, dopo la spinta e’ caduto facendosi male. Piange.
Gli offro la mano per rialzarsi. Quello scappa imparito.

Come nell’eta’ Ellenistica, dove, la mancanza di democrazia faceva rivalutare l’ambito familiare, piu’ di quello pubblico, mi consolo con l’abbraccio della mia famiglia.
Sono a casa. Sento il rumore del mare e addormentandomi pregusto i mielle sapori della mia terra: panelle fritte, arancine fritte, sarde fritte alla beccafico, peperoni arrostiti (ma ripieni di mille altre cose fritte), Iris fritte, il falsomagro (vi prego di vederne la ricetta e ammirare la fine ironia etimologica di noi siculi).
Il giorno dopo mi sveglio e finalmente posso gridare: “Mamma! Friggimi una tazza di latte!              [continua]