In un biergarten al tramonto discutevamo della prossima partita contro l’istituto di virologia.
Tomasz, pensieroso esclamo': “i virologi sono gente strana, altrimenti studierebbero degli esseri viventi”.
Nell’antica diatriba tra chi considera i virus esseri viventi (anche se incapaci di riprodursi indipendentemente) e chi no, Tomasz si schierava con i secondi, pensammo tutti. “Dovrebbero scontrarsi contro quelli di immunologia quale rito apotropaico dell’eterna lotta tra sistema immunitario e virus. Certo, sono una squadra di muli” aggiunse Tomasz con l'arroganza di chi non considerava i muli quali esseri viventi (in quanto sterili).
Il capitano abbozzo’ un sorriso e taglio’ il nome di Tomasz dalla lista degli esseri viventi da convocare (in effetti a oggi Tomasz non ha ancora procreato).
La partita inizio’: noi attaccammo in maniera audace per un tempo che sembro’ infinito.
Purtroppo, pero’si rivelarono essere solamente 5 minuti.
Da quel momento in poi, gli avversari iniziarono a giocare e fu chiaro che erano di un altro livello.
Passando accanto agli spalti sentii chiacchierare fitto e parlare di “calcio champagne”, chiaramente parlavano dei nostri avversari.
La mia squadra passo’ alla guerra di trincea (catenaccio impudente).
Passando accanto agli spalti sentii lamentarsi a lungo e discutere di “calcio vino scadente nel cartone” e fui sicuro che parlassero di noi.
La squadra avversaria attaccava in maniera continua e sembrava sul punto di potere segnare da un momento all’altro quand’ecco che, i due Scilla e Cariddi della difesa (al secolo Volker e Dragomir) rinviarono una palla lontano.
La palla arrivo’ a me. Stoppai la palla, aggirai in velocita’ il difensore (che scritto cosi’ sembra molto glorioso, ma per tutta la partita riuscii a passarlo quell'unica volta).
Alzai gli occhi e scoprii che il portiere, forse per spingere la squadra, era fuori dalla sua area di rigore, lontano dalla sua porta.
Alzai la palla. Mi immaginai fromboliere e tirai forte.
Smisi di correre e, guardando la palla allontanarsi, iniziai a pensare.
Ponderai che quel goal da lontanissimo sarebbe entrato nella storia del mio istituto e che a lungo sarebbe stato cantato da stirpi di dottorandi.
Cercai di valutare se, il mio essere calciatore, mi avrebbe conferito un vitalizio di procaci fanciulle e pensai quanto bello sia questo giuoco del calcio.
Considerai i miei amici/e che fanno atletica o canoa: si esercitano ogni giorno, allenano i loro muscoli con caparbieta’ di chi sa che solo la perfezione permettera di battere gli avversari.
Invece, sul campo verde, l'imperfezione e il caso aveva creato un tiro cosi’ perfetto che ora la palla sembrava avere fermato, col respiro degli spettatori, anche il tempo.
Per questo ci fu tempo di chiedermi se fosse davvero etico che la mia squadra, nonostante palesemente piu’ debole potesse ora, con questo tiro, vincere.
E ci fu tempo per capire che forse il calcio e’ come la vita: non sempre vince il migliore, vince chi ci crede di piu’.
Solo cosi’ si puo' accettare che l’Ungheria di Ferenc Puskás non avesse vinto i mondiali (ok, cosi’ e con il doping dei germanici).
E crederci e soffrire, per noi, era la normalita’, forse non era debolezza, era semplicemente la nostra maniera di essere, di vincere e affermarci, di vivere: la nostra Weltanschauung.
La palla, dopo avere sorvolato il portiere, inizio’ a scendere dolcemente.
Il pallone fece un rumore freddo e sordo, quando impatto’ contro la traversa per poi tornare indietro.
Ci fu il tempo per prendere due goal, prima di andare sotto le docce e dimenticare quella partita, almeno fino all’anno successivo.
Per un attimo avremmo potuto vincere. Abbiamo sofferto, sognato, perso malamente.
Nella mia squadra siamo tutti di sinistra. Anche questo potrebbe spiegare molto....ma questa e’ un altra storia.
Tomasz, pensieroso esclamo': “i virologi sono gente strana, altrimenti studierebbero degli esseri viventi”.
Nell’antica diatriba tra chi considera i virus esseri viventi (anche se incapaci di riprodursi indipendentemente) e chi no, Tomasz si schierava con i secondi, pensammo tutti. “Dovrebbero scontrarsi contro quelli di immunologia quale rito apotropaico dell’eterna lotta tra sistema immunitario e virus. Certo, sono una squadra di muli” aggiunse Tomasz con l'arroganza di chi non considerava i muli quali esseri viventi (in quanto sterili).
Il capitano abbozzo’ un sorriso e taglio’ il nome di Tomasz dalla lista degli esseri viventi da convocare (in effetti a oggi Tomasz non ha ancora procreato).
La partita inizio’: noi attaccammo in maniera audace per un tempo che sembro’ infinito.
Purtroppo, pero’si rivelarono essere solamente 5 minuti.
Da quel momento in poi, gli avversari iniziarono a giocare e fu chiaro che erano di un altro livello.
Passando accanto agli spalti sentii chiacchierare fitto e parlare di “calcio champagne”, chiaramente parlavano dei nostri avversari.
La mia squadra passo’ alla guerra di trincea (catenaccio impudente).
Passando accanto agli spalti sentii lamentarsi a lungo e discutere di “calcio vino scadente nel cartone” e fui sicuro che parlassero di noi.
La squadra avversaria attaccava in maniera continua e sembrava sul punto di potere segnare da un momento all’altro quand’ecco che, i due Scilla e Cariddi della difesa (al secolo Volker e Dragomir) rinviarono una palla lontano.
La palla arrivo’ a me. Stoppai la palla, aggirai in velocita’ il difensore (che scritto cosi’ sembra molto glorioso, ma per tutta la partita riuscii a passarlo quell'unica volta).
Alzai gli occhi e scoprii che il portiere, forse per spingere la squadra, era fuori dalla sua area di rigore, lontano dalla sua porta.
Alzai la palla. Mi immaginai fromboliere e tirai forte.
Smisi di correre e, guardando la palla allontanarsi, iniziai a pensare.
Ponderai che quel goal da lontanissimo sarebbe entrato nella storia del mio istituto e che a lungo sarebbe stato cantato da stirpi di dottorandi.
Cercai di valutare se, il mio essere calciatore, mi avrebbe conferito un vitalizio di procaci fanciulle e pensai quanto bello sia questo giuoco del calcio.
Considerai i miei amici/e che fanno atletica o canoa: si esercitano ogni giorno, allenano i loro muscoli con caparbieta’ di chi sa che solo la perfezione permettera di battere gli avversari.
Invece, sul campo verde, l'imperfezione e il caso aveva creato un tiro cosi’ perfetto che ora la palla sembrava avere fermato, col respiro degli spettatori, anche il tempo.
Per questo ci fu tempo di chiedermi se fosse davvero etico che la mia squadra, nonostante palesemente piu’ debole potesse ora, con questo tiro, vincere.
E ci fu tempo per capire che forse il calcio e’ come la vita: non sempre vince il migliore, vince chi ci crede di piu’.
Solo cosi’ si puo' accettare che l’Ungheria di Ferenc Puskás non avesse vinto i mondiali (ok, cosi’ e con il doping dei germanici).
E crederci e soffrire, per noi, era la normalita’, forse non era debolezza, era semplicemente la nostra maniera di essere, di vincere e affermarci, di vivere: la nostra Weltanschauung.
La palla, dopo avere sorvolato il portiere, inizio’ a scendere dolcemente.
Il pallone fece un rumore freddo e sordo, quando impatto’ contro la traversa per poi tornare indietro.
Ci fu il tempo per prendere due goal, prima di andare sotto le docce e dimenticare quella partita, almeno fino all’anno successivo.
Per un attimo avremmo potuto vincere. Abbiamo sofferto, sognato, perso malamente.
Nella mia squadra siamo tutti di sinistra. Anche questo potrebbe spiegare molto....ma questa e’ un altra storia.