Wednesday, 2 November 2011

L’arte d'esser al posto sbagliato, felice di trovarvicisi.


C’e’ a chi piace leggere i libri sulla tavoletta.
Anche a me piace leggere libri sulla tavoletta.
C’e’ chi dice che sulla tavoletta mancano i buoni odori di un libro.
Io dico che sulla tavoletta, gli odori non mancano.

Dopo questa conversazione ho capito che gli altri parlavano di tavoletta come Kindle e iPad  , mentre io pensavo che si discutesse della lettura in bagno (tipo   "mega biblion, mega kakon  "). 
Io con le tecnologie ho un rapporto strano, alcune le utilizzo in maniera eccessiva ad altre mi abituo malvolentieri.
Il navigatore satellitare e’ un’altro di quelli che mal sopporto.
Il mio lo comprai quando venni nel Regno Unito.
In questa nuova citta’ ero sempre perso, ma pieno di speranza: nel senso che avevo sempre un impressione di avere gia’ visto quelle case e quindi di essere in una zona conosciuta della citta’.
In realta’ scoprii che le case della perfida Albione sono tutte uguali.


Allora decisi di comprarmi il navigatore.
Avevo appena comprato la macchina e versato un paio di affitti in anticipi, non avevo scelta: presi il piu’ economico.
Il venditore guardo’ lo scatolo e, con uno sguardo non troppo fiducioso esclamo’ “se hai problemi portamelo indietro e te lo cambio”.
Fra me e me pensai: “se non funziona col cavolo che riesco a ritornare in questo negozio” e mi congedai con un addio.


Negli anni il malefico esserino, nel tempo mi ha guidato male, mi ha detto che stavo camminando su strade che non esistevano, mi ha fatto percorre rotatorie improbabili, non ha mai detto please (altri navigatori, pare lo facciano, ma nel mio la gentilezza era un extra da pagare), ha ricalcolato milione di volte il percorso ed ogni volta che me lo ha comunicato l'ha fatto con una voce stizzita a farmi pesare l'errore.

Quando partii per l’Irlanda riguardai la scatola dell’apparato che garantiva una conoscenza delle mappe di regno unito e irlanda.
In realta’ avrei scoperto che quando alla scuola per navigatori spiegavano l’Irlanda il mio doveva essere assente perche’ in realta’ dopo avere sconsigliato di continuare in autostrada (il mio navigatore odia le autostrade) ci trovammo davanti pianure che si estendevano fino all’orizzonte, praterie, laghi e torbiere.


Eppure mi piaceva quell’Irlanda: ha un senso di aperto, di incontaminato, di fresco.
E poi tutto quel verde.
Ecco, perso, estasiato, mentre mi chiedevo come l’Irlanda facesse ad essere cosi’ verde, ecco che iniziava a piovere (ecco perche' e' cosi' verde!!!).


Ore dopo, avendo attraversato luoghi in cui nessun turista e' mai passato come Kells, Virginia, aver passato la frontiera con l’Ulster senza che il navigatore dicesse niente ed essermi reso conto di essere completamente fuori strada, feci cio’ che ogni uomo moderno-tecnologico dovrebbe fare: ho spento il navigatore ed ho ripreso il comando del mio destino.

Per orientarmi avrei potuto scegliere le stelle, ma quella sera erano oscurate da un cielo nuvoloso.
Avrei potuto orientarmi col muschio (orientatio ad muschium) che a quelle latitudine e nella umida regione dei laghi, col muschio che cresce ovunque si sarebbe trasformata in "orientatio ad muzzum". Allora, dopo  avere preso in considerazione l'idea di
scavare la truna per sopravvivere alla notte.Feci cio' che e' l'ultima risorsa di un uomo (e una delle prime delle donne): "ho chiesto indicazioni in un pub di Enniskillen".

Fu proprio cosi' che dimostrai la superiorita' dell'uomo sulla macchina e delle relazioni umane sulla tecnologia.
Cosi' la serariuscii ad arrivare dove avevo appuntamento, per Halloweeen: a Clones.
Il motivo che mi portava a recarmi in quello sperduto villaggio e a incontrare i suoi abitanti (Cloners) vi verra’ svelato nel prossimo post, fra qualche giorno.

Saturday, 22 October 2011

Dada qua a la': sul concetto di arte a Parigi.

Nonostante Parigi nella mia mente si confondesse con una massa idolatra di Ciellini senza dio (vedi post precedente), acconsentitii a tornare nella Ville Lumière.

Cosi’, arrivammo a Parigi un giovedi’ notte e, verificata la rassicurante presenza della Torre Eiffel dalla finestra del nostro albergo (ma immagino da qualunque finestra di Parigi), fummo pronti per vedere la citta’.

Dopo una colazione con croissant andammo a vedere il quartiere della Defense che anni fa m'era piaicuto e da li’ verso Nord-Ovest, a Poissy a vedere villa Savoye.
La mia ragazza mi spiega che e’ una pietra miliare dell’architettura.
Ogni architetto deve visitare Ville Savoye almeno una volta, cosi' come ogni islamico deve recarsi in pellegrinaggio alla mecca.


Mi viene spiegato che Villa Savoye e’ stata progrettata da Charles-Edouard Jeanneret-Gris detto Le Corbusier ovvero il Corvo.
Immagino questo architetto ossuto preso in giro dai suoi amici quan'era piccolo.
Vedo gia' le frasi tipo: "e’ arrivato il Corvo nascondete i LEGO".

Al piccoto Janneretto non rimaneva che giocare con le scatole vuote.
Come sempre, la piu’ grande arte nasce dalla sofferenza e anni dopo siamo tutti qui ad ammirare la nuova concezione di spazio con edifici che sembrano scatole posate, quasi soppese su pilastri sottili.

L’edificio di per se non e’ male. Purtroppo dalla sua concezione nacque il fenomeno del brutalismo architettonico i cui edifici si contraddistinguono per essere davvero brutali all’occhio umano.
Comunque c'era la Villa di Le Corbusier, arredata con una poltrona le Corbusier e c'era il museo di Le Corbusier. Lui, invece, non era in casa.

Il giorno dopo tocca a me decidere e decido di andare al Louvre che contiene molti quadri di uno dei miei pittori preferiti: Delacroix.
Entriamo dalla porta secondario (Rue de Rivoli) per fare meno fila, e andiamo a vedere i capolavori che esso contiene.
La concezione di arte pop, sta anche nella ripetizione di immagini di alto valore iconico: dalla Zuppa Campbell alla Marylin di Andy Warhol.
Nonostante il Louvre raccolga opere fino al 1855, l’iconicita’ del Louvre ha molto a che fare con l'arte moderna.
Ripetitivamente iconici sono i suoi visitatori, spesso uguali, asiatici e con macchine fotografiche come uguali sono i loro gesti: fotografano le opere d’arte.
Ma che senso ha? Se vuoi, i quadri li trovi su Google con una risoluzione piu’ alta.

Ma a loro non interessa: l’opera d’arte sta nel gesto futile, non nella foto, non nel soggetto.
All’inizio cercavo di evitare di finire nelle loro foto ma poi ho capito che la gente nelle loro foto aggiungeva arte all'arte e non ho interferito piu’ col loro gesto neo-da
daista. Ho anzi ammirato un asiatico fotografare il panino che aveva preso nel bar del Louvre, (forse ingannato dal fatto che il prezzo e' simile a quanto si paga per certe opere d'arte povera...cioe' parecchio).

Invero ho trovato eccessivo, quando, trovandomi a urinare in bagno apposito (mica in una fontana di Duchamp) un asiatico mi abbia fotografato il pipino e abbia esclamato MagrittianamenteCeci ne pas un pipin”.
Ah no? e che cazzo e’, pensai.

Quello che volevo dirvi e’ che a Parigi l’arte si confonde con la vita e viceversa.
...e questi luoghi per turisti tutto finisce con l'anadare oltre: in una dimensione surreale.
Per fortuna poi uscimmo e, satolli di arte, andammo a vedere la citta' normale, dove vivono le persone normali con mestieri normali e comportamenti normali...e ci dirigemmo sul Moulin Rouge.

Monday, 17 October 2011

Parigi o cara, (dell'eterna guerra tra illuminismo razionale e quell'altro).

La prima volta che vidi Parigi fu una quindicina di anni fa.
Un anno prima di andare in Francia agli scout ci avevano detto che si stava organizzando una grande spedizione per la giornata mondiale della gioventu'.

Ci avrebbero accoppiato con un gruppo francese ed uno del nord Italia e il tema della giornata pastorale era blah blah blah.
Il resto non importava: del resto si sa, Parigi val bene una messa.
Quando ci comunicarono che avremmo participato alla spedizione a noi scouts erano rimaste in testa solo due parole.
Accoppiare e francese.
Che nelle nostre testine testosteroniche tutto roteava attorno a quelle parole.

Questo basto' a dare a tutto l'anno seguente un orientamento particolare.
Visto che era il nostro ultimo anno di superiori ognuno studio' con maggiore passione tutto cio' che riguardava la Francia.

Ricordo che c'era chi iniziava a vestire di nero e a dire frasi sconnesse alla maniera dei poeti maledetti francesi.
Chi aveva cambiato il vino con il piu' neurotossico assenzio alla guisa dei pittori espressionisti estemporanei (tralaltro traendone giovamento).

Chi disuteva la filosofia cattolica inculcataci dal nostro assistente spirituale scout:,la curia ci aveva assegnato un gesuita (per punizione), ora si appoggiava ai filosofi illuministi rendendo le diatribe dialettiche interessanti, ancorche' assolutamente inutili.

Quando Gaetano si presento alla sede scout con un cappellino da esistenzialista (una coppola col picciuolo...altresi' detto piricullo) e tutti quanti, anziche' dargli del gaio "finocchio" capimmo la citazione, innalzammo le baguettes, e pieni di joie de vivre e di gioca jouer,  andammo a sciacquare i panni nella Senna: partimmo cantando allegri "Allons enfants de la Patrie...".

Dopo avere incontrato i ragazzi dell'Imola 1 ed avere fatto una settimana di campo mobile dalle parti di Metz, scendemmo a Parigi.
Parigi me la ricordo bella, solare, ma davvero piena, troppo piena di gente esaltata: non i Parigini, ma i papa-boyz.
In quei giorni erano dappertutto.

Davvero una brutta esperienza: ancora oggi ritengo che non ci sia niente di meglio come l'incontro con 1,2 milioni di papa-boyz esaltati, per farti rivalutare valori quali quelli della religione come una filosofia di vita silenziosa che non si impone agli altri.

Un pensiero interiore, un discorso sussurrato fra il proprio essere e la propria anima.
Insomma, niente di meglio che la giornata mondiale della gioventu' cattolica per farti rivalutare il buddismo come scelta di vita.

I papa boys ci assediavano. Qualcuno aveva proposto per andare a Pigalle per fuggire loro, ma li' erano ancora di piu'. Ricordo di certi terribli Ciellini che, dissero, di stare cercando di portare le giuovinette sconce sulla retta via...a me sembrava che stessero solo  contrattando (non ricordo bene se l'anima o il corpo delle fanciulle di strada).
Esausti da quelle grida continue avevamo pensato dove trovare un luoco mistico che li tenesse lontani.
Alla fine l'avevamo trovato.
Al Pantheon: alla tomba di Voltaire dove tutto era' ancora avvolto da un dignitoso silenzio: un isola di pace razionale in mezzo all'irrazionale furore dei fanciulli del papa.
Si dice che nel letto di morte, all'esortazione di un prete a rinunciare al diavolo e tornare a Dio abbia Voltaire abbia risposto: "Non è il momento di farsi nuovi nemici". ...Un uomo cosi' meritava l'ammirazione e il riposo in pace che gli viene conferito nel Pantheon.
Qualche anno dopo, invece, il corpo del papa morto verra' riesumato ed esposto alle folle idolatre di papa boyz.
 Bizzarie di questo, che e' il meno peggio dei mondi possibili.

Thursday, 29 September 2011

Al bimbo che in ognuno di noi (a seconda la dieta)

S’ incomincia con “il fanciullino di Pascoli”, si continua col telefono azzurro, con Tonio Cartonio che ti parla strano come se parlasse proprio con te.
I Teletubbies che ti ripetono le cose tante volte per essere sicuri che i bambini li capiscano bene.
Poi ci sono i Teletubbies che ti ripetono le cose tante volte per essere sicuri che i bambini li capiscano bene....oh, ho capito, sono bambino, mica stolido.


Non crescere mai, rimani sempre bambino.
Ah se tu fossi qualche anno piu’ grande, ma possiamo sempre restare amici.
E poi il proverbio cinese Bimbo mi chiedi cos'è l'amore? Cresci e lo saprai. Bimbo mi chiedi cos'è la felicità? Rimani bimbo e lo saprai.

E ancora i comunisti si mangiano i bambini, la fantasia al potere, vogliamo il mondo ora e subito...e per favore.
Insomma ti riempiono la testa sull’importanza di tenere innocente il bimbo che c’e’ in ogni adulto.
Poi uno, per predisposizione o volonta’ ci riesce veramente ed ecco che inventano la sindrome di Peter Pan del Bamboccione.


Il fatt
o e’ che il week end scorso sono andato a trovare Paoletta che biologa su nelle terre di mezzo (Midlands).
C’era un festival dove, tra gente sui trampoli, aragoste giganti, pesci volanti e fuochi, c’era un maiale di 30 metri dentro cui si svolgeva uno spettacolo.
Ma
solo i bambini potevano vederlo e non sono riuscito a capire cosa vedessero, ma sembrava divertente.
Ed per questo che il bambino che e’ in me c’e’ rimasto male.

Ma sapete che vi dico?
I
o soppravolo e il prossimo anno ci vado bimbomunito.
E sappiate bene che di noi bimbi e’ il mondo.


...e che se non saremo all’altezza a cui ci volete fare dipingere il mondo che voi avete disegnato....all
ora vi dipingeremo le scarpe.

La foto la feci quando abitavo a Dresda, nel 2007, ma spiega bene il concetto. Nevvero?
Ora via a Parigi per il fine settimana.

Friday, 23 September 2011

Di Cavalieri che Errano.

I Marziani sono degli ometti verdi, Berlusconi e’ un politico di alta statura e le donne del nord sono procaci e disinibite.
Seguendo le mie vicende non potrete che concordare con me.

Finita la missione sull’isoletta greca, avevo deciso di passare un altro po’ di tempo sul mare.
Le uniche persone che avevano avuto la stessa pinzata erano due ragazze di Stoccolma che avevo incontrato qualche giorno prima.
La loro idea era di fare island hopping: cioe’ saltare da un isola all’altra tornando verso Atene.
Ora ve lo immaginate Falloppio e due Svedesone sull’isola di Ios, l’isola dell’amore? Voglio dire, ci sono film che hanno molta meno sceneggiatura.


Incerto se accettare la profferta consideravo la barriera culturale che contraddistingue i popoli del sud da quelli del nord.
Probabilmente non ero l’unico a porsi il problema.
Mentre mangiavo del pesce, la ragazza svidese mi aveva riempito il bicchiere di vino bianco. Poi con un sorriso imbarazzato mi aveva chiesto se questo fosse accettabile: se non fosse culturalmente disdicevole che una ragazza riempisse il bicchiere di un uomo.
Avevo risposto che non c’era niente di riprovevole, almeno da un paio di secoli a questa parte (chissa’ com le era venuta in testa l’idea che fosse maleducazione).


Anche se mi piace molto viaggiare solo, alla fine accetto.
Iniziamo l’avventura. Confido molto nel mio autocontrollo e nel fatto che si sa che tutte queste storie sulle svedesi sono solo delle favole che si raccontano al ritorno delle vacanze per farsi belli con gli amici: mica e’ vero che le svedesi ti assaltano e ti succhiano come un ghiacciolo.
Mentre si chiacchierava del piu’ e del meno: in particolare raccontavo di come trovassi aberrante l’idea di drive-through per colazione, di quegli interminabili caffe’ americani consumati in solitudine su macchinoni, cui contrapponevo il molto piu’ sociale cornetto e cappucino al baretto, colloquiando con tutti gli astanti.


La svedese mi guarda negli occhi e mi dice you Italians like very much “fika”: a voi italiani piace very much fika.
Preso alla sprovvista fronteggio la situazione con pervicace prontezza: fingo uno svenimento per prendere tempo....e mentre chiudo gli occhi: penso “le donne del nord
sono procaci e disinibite, i verdi Marziani esistono, Berlusconi e’ un gigante.
 

Quando mi riprendo mi spiegano che e’ stato tutto un fraintendimento: in Svezia c’e’ un verbo “fika” che significa  uscire per prendere un caffe’ insieme agli amici (confermato da Wikipedia).
Siccome a noi italiani piace il caffe’, la ragazza aveva semplicemente chiesto se noi italiani avessimo sempre la fika in testa.
....e voi, come me, a pensar male.

A sto punto vi chiederete com’e’ continuato il confronto culturale.
In realta’ le ragazze sono andate spesso in spiaggia a prendere il sole, mentre io, essendo una creatura notturna tendenzialmente lucifuga mi sono perso nei paesini con le case bianche, ho visto chiesette, bevuto caffe’ chiacciati, discusso con altri viaggiatori della vita, dell’universo e il resto. Dopo due settimane di vacanza m'e’ cresciuto un barbone lunghissimo e molti greci mi credevano autoctone chiedendomi cose in greco a cui non sapevo rispondere.
Ho letto due bei libri (
1 e 2).
La sera ho passeggiato, le ragazze, andavano a letto presto, distrutte dal sole e dai loro mal di mare.


Non l’ideale fare island hopping, se si soffre tanto il mal di mare,
Una volta, scesi al porto, vedo una ragazza proprio stremata dal viaggio. Io ho il mio bagaglio leggero con il minimo indispensabile per passare 10 giorni in Grecia e un tascapane per le escursioni. Lei, invece, con un valigione enorme.
Mi offro di portare il suo bagaglio, in cambio lei puo’ portare il mio che e’ una decina di kili piu’ leggero.
Mi guarda stralunata e aggiunge: “non pensi ch’io sia perfettamente in grado di portarlo da me?”.
Dopo avere spiegato che non lo metto in dubbio, ma che visto che non e’ al massimo non c’e’ niente di male se lo porto io e che riconoscendole la sua capacita’ le chiedo, per favore di portare il mio. dopo una lunga discussione accetta e facciamo il cambio.

Siccome questo e’ un blog educativo, supponiamo che il lettore sia un cavaliere che si accinga a liberare una principessa scandinava Ubertosa I (non procace e non disinibita) dal catello in cui e’ stata rinchiusa.
Sappia costui che il femminismo ha fatto danno non indifferenti nella psiche delle genti che vengono dalle terre dove hanno gia' reso realta' la parita’ dei sessi.
Ecco, a costui consiglio di desistere e piuttosto leggere un bel libro.

Sunday, 18 September 2011

Di segreti soluti

Mentre sono in Grecia conosco Tomohiro, dal Giappone.

I Giapponesi che ho incontrato si sono sempre rivelati gente riservata, grandi pensatori, estremamente educati.
Tomo non fa eccezione.

Non parla troppo, anzi quasi niente, ma e’ sempre con noi, anche quando si fa bisboccia alle tre di notte nelle taverne dell’isoletta greche al grido di “viva la Fix” e Ouzo.

Tomo tira tardi, ma non interagisce troppo.
Sembra quasi sospeso, perso dietro i suoi pensieri,come se una bolla invisibile gli impedisse di parlare con noi. Come se una luce fosforescente e innata lo tenesse separato dal resto di noi.
L’ipotesi alternativa e’ che guardi con interessato disgusto le mollezze dell’occidente mediterraneo.



Una delle ultime sere, anziche’ il solito the' ordina anche lui una bottiglia di ouzo.
Ora, sara’ perche’ gli asiatici hanno una variante genetica inattiva dell'aldeide deidrogenasi e quindi hanno difficolta’ a catabolizzare l’alcool, ma sta di fatto che finalmente si scioglie e mi chiede:
Mi sono chiesto come il Giappone e' visto dal resto del mondo.

Abbiamo deluso tutti, sporcandolo con il nostro nucleare?
Cosa vedete quando vedete un orientale, vi chiedete se sia radioattivo?


Alla fine era questo il suo segreto?
Gli dico, di no (mi sento particolarmente benevolo, dovendo parlare a nome di tutta l'umanita'). Dico che nessuno, come persona e’ responsabile delle scelte dei governi. Comunque la grande stima che si nutre nei confronti del Giappone fa si che ora si  guardi con interesse il fatto che la grande tecnologia nipponica verra' investita nella ricerca di energie alternative**.
E glielo dico guardandolo negli occhi. Tutti e tre*


Piu’ tardi mi si avvicina un americano.
Mi dice: tu sei l’unico italiano, qua. Ti devo chiedere una cosa.
Ci sono degli italiani nel mio lab, mi hanno affibiato dei, dicono, simpatici sopranomi. Che significa “sfigato”?
Penso, Sfigato, in inglese sarebbe ”loser”, ma non e’ carino da dire.
Per evitare ai miei compatrioti di avere problemi dico una bugia bianca ”lo sfigato e una figura mitica, quasi mitologica. Si dice di colui che con molta filosofia riesce a sorpassare ogni vicessitudine della vita”.


Il tizio sembra soddisfatto, fa per allontanarsi, poi mi chiede, un altro sopranome: “mi

chiamano figlio di puttana”. Che significa?
 Come spiegare? Prendo tempo, mi viene in mente Giovanna, che un volta si senti definita “vecchia puttana” per scherzare e lei rispose: “vecchia a chi?”.
Inizio con “l’epiteto evidenzia l' estrema socialita’ della tua genitrice”....non so continuare, cerco una via di fuga.
Ecco che arriva un trenino/catena di gente che balla il sirtaki.
La gente che balla prende quella seduta.
Quardo la ragazza scandinava che guida il ballo e faccio i Bambi’s eyes per essere portato via da sto rompic***oni sfigato.
La ragazza mi invita a ballare e via....viva la fuga.
Pensavo di averla fatta franca non sapendo quello che sarebbe successo da li' a poco.

* No, non aveva tre occhi, ma non e’ che fossi proprio lucido lucido.

**Fra me penso che anche noi abbiamo avuto problemi coi terremoti, che l’ospedale dell’Aquila era costruito con sabbia anziche’ cemento.
E risposta del nostro governo  cosa e’ stata?
Abbiamo affidato alla stessa ditta l’applato del ponte di Messina,
No, nessuno e’ responsabile per lo schifo: la gente e’ migliore di chi la governa. Sarebbe bello che la gente potesse governare.
Ma questa sarebbe democrazia, invece abbiamo sto porcellum.

Monday, 12 September 2011

Mediterraneo

Nel momento esatto in cui esco dall’aereo, un aria calda penetra i polmoni e li fa bruciare. Sento l’odore del mare, le voci gridate, un movimento caotico. Tutto e’ cosi’ "Mediterraneo".
Il caos e’ creato da uno sciopero in corso: la metro non funziona. Come faro’ ad andare al porto del Pireo?
Ho visto che ci sono vari autobus che si dirigono al Pireo, ma qual’e’ quello diretto?
Mi metto in fila per ricevere delle informazioni da un impiegato dell'ufficio informazioni.
L'impiegato e' anziano: immagino che non parli inglese.

Rimugino frasi dal “prontuario d’emergenza delle lingue morte” del liceo.
Dribblo “ubi est mensa pauperorum” e mi concentro sul greco: voglio dire “il bus piu’ veloce”.
Il piu’ veloce sara’ takustatos. Ma Bus? Come si diceva bus nell’attica dell’8 secolo a.C.? Che faccio? Provo a dire auto-carro? Alla fine dico “Bus direct Pireous”.
L’anziano impiegato mi risponde in perfetto inglese e mi da tutte le informazioni con un aria come a dire ”pero’ la prossima volta impariamolo st’inglese”.


Sono frastornato: perche’ ho pensato che non dovesse sapere l’inglese? Non e’ forse razzismo anche questo?
In realta’, in 10 giorni in Grecia non ho trovato qualcuno che non sapesse parlare un buon livello d’inglese.
Molto meglio che in Italia, dove ancora c’e’ chi vuole investire nel dialetto quando l’inglese lo conoscono in pochi, contr
ibuendo a fare apparire il nostro paese come un paese linguisticamente ignorante.
 Un altra considerazione sul tempo che ho investito per imparare le lingue....ma se ormai tutti parlano inglese. A che mi servono le lingue morte? a parlare con la gente morta?

Prendo un autobus e arrivo al porto, il mare e’ blu come solo nei sogni.
Sono arrivato tardi: ho perso l’aliscafo (che si chiamava qualcosa tipo “delfino curioso”), e dovro’ prendere il catamarano (cavallo goloso).
Devo aspettare. Prendo un Ouzo ghiacciato.
Bevo la bevanda, che con il ghiaccio diventa di un Bianco che perfettamente contrasta col cielo azzurro e il mare blu dello sf
ondo.
Che io lo so che il mare e’ cosi’, anche quando sono via e non lo guardo.
Solo che come un carcerato piace a pensare che fuori piova, per non sentirsi troppo fuori dal bello della vita, mi abituo a credere che sia sempre grigio e triste.
Invece almeno una volta all’anno torno a guardare il Mediterraneo, cosi’ non perdo l’anima, la mia cultura e ricordo chi sono.
Il tempo passa lento e nella mia testa riecheggiano le note di questo testo di Serrat:

"Sara’ perche’ la mia infanzia ancora gioca sul mare
E perduto tra i canneti dorme il mio primo amore
Porto il sapore e l’odore per ogni dove io vada
e perso nella tua arena guardo amori, giochi e pena.


Io che nella pelle ho il sapore amaro del pianto eterno
Che han versato a te in migliaia da Algeciras a Istambul
Con cui dipingi l’ azzurro, le lunghe no
tti d’inverno

A forza di sventure l’anima e’ fonda e scura
Ai tuoi tramonti piu rossi si adattarono i miei occhi
come la curva alla strada
Sono cantore e mercante, mi piace il gioco e il vino
ho un cuore da marinaio

e tutto questo perche’, sono del Mediterraneo.

E ti avvicini e vai via baciando il mio paese
Giocando con la marea che viene per ritorn
are
Sei come una donna che profuma di pece
Che si conosce e si teme

Che s’interroga e si ignora
Se un giorno per mia sventura verra’ la bianca signora
Mettero’ in mare la barca con un levante autunnale
Aspettero’ che il temporale apra le sue ali bianche
Per seppellirmi sereno la’ tra la terra e il cielo
Sul lato della collina, piu’ in alto dell’orizzonte
Voglio avere buona vista
Diventero’ sentiero, saro’ il verde del pino, il giallo della ginestra
Vicino al mare perche’ sono del Mediterraneo".
La canzone nell'MP3 e' cantata da Chiara Riondino con al microfono Mirko Guerrini, l'ho estratto dal Podcast del Dottor Djembe di Radio 3 rai del 6/01/2009 (che io sappia non esiste altra versione). Spero di non avere fatto torto a nessuno.