Francesco aveva gli occhi azzurri cosi' chiari che potevi vedergli bene dentro.
A guardarlo, ti veniva spontaneo chiederti se degli occhi cosi' chiari sarebbero stati in grado di vedere bene attraverso un mondo cosi’ grigio di piombo.
Francesco era nato nel 1950.
A 19 anni, come molti, aveva pensato che la discesa dell’uomo sulla luna fosse il primo segnale di un cambiamento cosmico.
In estate l’ingegno umano aveva prevalso sulla natura lassu, sulla luna.
Rimaneva solo da cambiare la natura intrinseca dell’uomo creando un mondo piu' giusto, qua sulla terra.
Qualche mese dopo la facolta’ di lettere era occupata.
Mario, che come lui aveva 19 anni, aveva litigato coi suoi, stava partendo per Roma con Giampiero.
Quest’ultimo, dietro gli occhiali spessi aveva studiato tutto ed era sicuro che dalla capitale sarebbe partita la rivoluzione.
Francesco aveva iniziato a leggere nel retro della bottega da falegname del padre.
Di giorno leggeva di Archiloco e Ipponatte, la sera di Marx e Engels.
Di notte, tutto si accavallava. Non dormiva bene.
Anni dopo, Francesco insegnava al "Giulio Cesare".
Aveva sposato la donna che amava.
Aveva aspettato e sperato nella rivoluzione.
Desiderava un mondo piu’ giusto per tutti, ma ultimamente le cose stavano andando sempre peggio.
Si sentivano sempre piu' di scontri e spari. Sempre meno utopia e sempre piu' realta', molto diversa da quella che avrebbe voluto.
Quando il bimbo nacque mise tutti i libri in uno scatolone e li chiuse con un doppio giro di scotch perche’ tutte quelle idee che avevano illuso tante persone non potessero nuocere a suo figlio.
Quando nacque il bambino, fu nell'ordine naturale delle cose, chiamarlo col nome di suo padre, il falegname.
Anni dopo, Giampiero aveva cambiato la FGCI, con la FIGC tutti i moti di cui si era discusso a lungo ora rientravano in due categorie: i rigori che l'arbitro fischiava e quelli che no.
Fra quelli che avevano studiato, non era nemmeno quello che si e’ venduto di piu’, o peggio.
Mario era passato ad autonomia operaia e di lui si erano perse le traccie alla fine dei settanta.
Francesco aveva (ed ha) gli occhi azzurri chiari. Ha insegnato per anni. Da un po’ di tempo porta gli occhiali che fanno apparire quegli occhi quasi piu’ grandi.
Lo ricordo in una foto, davanti a una macchina verde, con una barba lunga e dei vestiti assurdi, io, piccolino ho tanti palloncini rossi tra le mani.
Ora lui non e' diverso, forse solo un po' piu' triste.
Qualcosa e' cambiato. Gli occhi azzurri, no.
Una rivoluzione permanente fatta non di botti e clamore, ma di palloncini rossi, sorrisi e insegnamenti quotidiani che, giorno dopo giorno (e nonostante tutto) ti fanno credere che questo mondo (e verra' presto il giorno) potra' essere cambiato.
A guardarlo, ti veniva spontaneo chiederti se degli occhi cosi' chiari sarebbero stati in grado di vedere bene attraverso un mondo cosi’ grigio di piombo.
Francesco era nato nel 1950.
A 19 anni, come molti, aveva pensato che la discesa dell’uomo sulla luna fosse il primo segnale di un cambiamento cosmico.
In estate l’ingegno umano aveva prevalso sulla natura lassu, sulla luna.
Rimaneva solo da cambiare la natura intrinseca dell’uomo creando un mondo piu' giusto, qua sulla terra.
Qualche mese dopo la facolta’ di lettere era occupata.
Mario, che come lui aveva 19 anni, aveva litigato coi suoi, stava partendo per Roma con Giampiero.
Quest’ultimo, dietro gli occhiali spessi aveva studiato tutto ed era sicuro che dalla capitale sarebbe partita la rivoluzione.
Francesco aveva iniziato a leggere nel retro della bottega da falegname del padre.
Di giorno leggeva di Archiloco e Ipponatte, la sera di Marx e Engels.
Di notte, tutto si accavallava. Non dormiva bene.
Anni dopo, Francesco insegnava al "Giulio Cesare".
Aveva sposato la donna che amava.
Aveva aspettato e sperato nella rivoluzione.
Desiderava un mondo piu’ giusto per tutti, ma ultimamente le cose stavano andando sempre peggio.
Si sentivano sempre piu' di scontri e spari. Sempre meno utopia e sempre piu' realta', molto diversa da quella che avrebbe voluto.
Quando il bimbo nacque mise tutti i libri in uno scatolone e li chiuse con un doppio giro di scotch perche’ tutte quelle idee che avevano illuso tante persone non potessero nuocere a suo figlio.
Quando nacque il bambino, fu nell'ordine naturale delle cose, chiamarlo col nome di suo padre, il falegname.
Anni dopo, Giampiero aveva cambiato la FGCI, con la FIGC tutti i moti di cui si era discusso a lungo ora rientravano in due categorie: i rigori che l'arbitro fischiava e quelli che no.
Fra quelli che avevano studiato, non era nemmeno quello che si e’ venduto di piu’, o peggio.
Mario era passato ad autonomia operaia e di lui si erano perse le traccie alla fine dei settanta.
Francesco aveva (ed ha) gli occhi azzurri chiari. Ha insegnato per anni. Da un po’ di tempo porta gli occhiali che fanno apparire quegli occhi quasi piu’ grandi.
Lo ricordo in una foto, davanti a una macchina verde, con una barba lunga e dei vestiti assurdi, io, piccolino ho tanti palloncini rossi tra le mani.
Ora lui non e' diverso, forse solo un po' piu' triste.
Qualcosa e' cambiato. Gli occhi azzurri, no.
Una rivoluzione permanente fatta non di botti e clamore, ma di palloncini rossi, sorrisi e insegnamenti quotidiani che, giorno dopo giorno (e nonostante tutto) ti fanno credere che questo mondo (e verra' presto il giorno) potra' essere cambiato.