Saturday, 6 September 2008

Tutta la differenza tra 2/16 e un Ottavio.

Rissunto delle puntate precedenti: Falloppio, convintosi che fare l’astroauta sia un lavoro piu’ sicuro che fare il biologo ricercatore, prova il test. Obnubilato dalla difficolta’ dei test, mette da parte il raziocinio e lascia che la  “forza” (leggansi culo o sorte) compili gli esercizi in sua vece.
Ciao a tutti il mio nome e’ Ottavio sono un formidario, e, per oggi, il narratore. Io odio i contadini.
No, non pensate male, non i simpatici coltivatori che raccolgono gerle di borlotti, ma la loro rappresentazione matematica.
Sara’ per questa nemesi che mi trovai a dovere risolvere quesiti, in vero abbastanza terreni e poco astronautici, su contadini coltivanti campi ottagonali (ovviamente dovuti a problemi di confine).
Di carrelli con diversi pesi posteggiati su chine ad inclinazioni impossibili e altre cose del genere, circuiti elettrici creati allacciamendosi alla rete del nemico-vicino etc.
Mi tornavano in mente quelle due righe di matematica studiate al classico.
Tutti quei dogmi (teoremi) da dimostrare....e certi modi assurdi di dimostrarli.
Ragazza umanista - Dimostrami che mi ami.
Ragazzo scientifico - Ti dimostrero’ pertanto, che non ti odio.
Ragazza umanista - Vaffanc*lo, io esco con un motociclista che e’ stato bocciato alle medie.
CVD.
CVD: dopo avere fatto di tutto affinche’ la ragione umana potesse dimostrare il teorema, la mente scientifica ringrazia la divinita’ tramite la formula “CVD” Come Voglia Dio (Comu voli diu).
Davvero, insopportabile. Molto meglio l’approccio classico-umanistico:
Guarda, mi fido di te, laicamente ti credo, davvero, non mi dimostrare niente, diamolo per assodato, ti voglio bene, grazie di esistere.
Finalmente arrivo’ il momento di fare i test col joystick.
Falloppio cerco’ la complicita’ del vicino di banco dicendo: “se ci fanno giocare a uno sparatutto vuol dire che
gli alieni ci sono e sono cattivi”. "Il male" borbotto’: “Umpf”.
In realta’ l’esercizio era una specie di simulatore di volo in cui si doveva volare con un certo angolo, altezza,
velocita’, e poi fare il caffe’ controllare che i passegeri avessero le cinture abbassate e il tavolinetto chiuso, sedare i bambini, vestire gli ignudi e, in generale, la multitaskabilita’.
Per fortuna il test era finito.
Non rimaneva que esperar y esperar (aspettare e sperare).
Aspettare che il passare del tempo e l’urbanismo facciano scomparire i coltivatori diretti dotandoci di un mondo piu’ semplice e lineare.
Sperare, che il computer che analizza i test si pianti e mi assegni i risultati di Mr. Umpf (altresi' detto "il male") che non  ride mai ma sa la matematica a menadito.
Non perdete il prossimo e ultimo episodio su Amburgo dal titolo "paper tiger".

Tuesday, 2 September 2008

Sull’uso della forza nei momenti di stitichezza mentale.

La birra analcolica e’ triste e inutile, i peruviani che suonano “Hotel California” col flauto di Pan sono la cosa piu’ triste sulla terra e se anche per voi, una lavatrice non a pieno carico e’ energeticamente sconfortante, immaginatevi cosa significhi essere su un aereo da 50 posti diretto ad Amburgo in soli due passegeri.
Sara’ per questo, sara’ che mi annoiavo, ma all’improvviso mi ritrovai accanto Ottavio, il mio amico immaginario.
Ottavio e’ un personaggione, un giorno vi raccontero’ di lui, Tolkien direbbe che le sue gesta meriterebbero di essere cantate da generazioni di bardi elfici. Ottavio spera che cio’ non avvenga mai, visto che, a suo dire, tutte le canzoni degli elfi suonano simili tra loro e, in generale, a quelle di certi Coldplay.
Fui un po’ sopreso di vederlo perche’ l’ultima volta avevamo litigato: io cercavo di fargli capire che lui era un emanazione subconscia della mia mente, lui insisteva che io altro non sono se non una manifesazione corporale del suo ego, trucco molto utile quando ci si trova nel bel mezzo di una rissa.

Arrivammo alla sala dei test, eravamo una cinquantina, io speravo di trovarmi davanti degli astronauti veri (la mia preferita e’ Lisa Caputo-Novak ma sapevo che al momento non sarebbe potuta venire).
Ci trovammo davanti 3 psicologhe, una delle quali, divenne chiaro  tutti poco dopo che conduceva degli studi sul sonno sul luogo di lavoro.
I test erano interattivi, con un touch screen, non vi posso dire niente perche’ m’hanno fatto firmare un patto col sangue....ehm...si: ha firmato anche Ottavio.
Vi posso dire che i test erano difficilissimi, piu’ che a selezionare un astronauta, li avrei creduti idonei a testare il grado di autismo. Non credo una mente umana potesse farli tutti e giusti.
Ad un certo punto, infatti, vidi che non potevo riuscire a seguirli. Allora sentii una voce dentro di me che diceva: “Usa la forza, Liuk, usa la forza”, il che significava cedere al lato inconscio e sperare.


Fu cosi’ che inserii il pilota automatico e lasciai prevalere istinto e intuizione dove prima c’era ragionamento e logica.
Ovviamente questo consentiva un gran risparmio di tempo. La mia mente, inoltre, iniziava a diffendere in bassa frequenza di onde menmoniche quest’album di Frank Zappa.


Una volta inserito il cervello automatico riuscii a fare una 20 di esercizi di fisica  a risposta multipla in meno di due minuti.
Il ragazzo alla mia sinistra era sorpreso dalla mia rapidita’. Io no, una volta avevo giocato 4 partite a  scacchi contemporaneamente ed erano finite tutte con una velocita’ incredibile.

Mi chiese, impertinente, cosa avessi risposto al quesito n.40. Siccome avevo risposto senza leggerlo, il mio inconscio si difese, attaccando: feci leva sul fatto che sapevo che lui lavorasse al CERN e risposi: “non credo che abbia tanta importanza, non credendo io alla teorie di dissipazione dei buchi neri, ritengo che il mondo verra’ distrutto tra il 10 e il 12 di Settembre quando accenderete il ciclotrone.
Poi, per non farlo sentire troppo in colpa, aggiunsi: “ma non mi dispiace affatto  avevo appuntamento col dentista a fine mese. Magari soffro meno”.
<continua fre 3-4 giorni>
Lutto: m'e' morto l'ipodio nano il giorno istesso in cui scadeva la garanzia, sara' che aveva il cuore troppo vicino al buco del culo, pero' e' stato proprio uno isgherzo di merda.

Monday, 25 August 2008

Fireflies in a Jar/ Lucciole inbarattolate

Cosi’ mi ritrovai a fare colazione all’alba, ad Amburgo, poco prima dei test per la selezione degli astronauti.
Si venne a sedere al mio tavolo un ingegnere spaziale che, per comodita’, chiameremo semplicemente “il male”.

Il male era sulla quarantina, capelli alla Big-jim e faccia da Orzoro.
Vestiva con una camicia dell’ESA con tanto di patches di missione, insomma la camicia diceva al mondo che lui era un esperto dell’ambiente. Il tutto corredato da un vestito elegante e delle scarpe costose.

Di fronte stavo io. Bambi's eyes, converse verdi come la speranza (ma anche l'Islam e la Padania), i pantaloni pieni di tasche pseudo-cartucciera comunicavano che la salvezza puo’ arrivarti da ogni dove.
...e la mia maglietta del Camerun?
Oh beh, quella ricordava ai campioni che non bisogna sottovalutare nessuno (Argentina 0 - Camerun 1).

Tra caffe’ e pane e marmellata, il "male" ci tenne a raccontarmi di essersi preparato duramente e di essere fisicamente in perfetta forma.
Anche mi ero preparato a questa selezione; peccato che durante l’ultima partita di calcio, il mio crociato
fosse partito alla volta di Gerusalemme e io ne aspettassi ancora il ritorno.
In questo round di selezione comunque, non sarebbero state giudicate le capacita’ fisiche, ma quelle psico-attitudinali.
In particolare si rischiedeve una buona memoria visiva ovviamente il "male" diceva di essersi allenato per ricordare tutto e tutti.
Io credo di avere una buona memoria visiva innata. In piu' l' allenavo andando nelle saune miste.

A questo punto il "male" si alzo' di scatto: era tempo d’andare, la sfida era lanciata.
Raccolsi la sfida, sguardo determinato, mi alzai di scatto. Mi versai addosso del caffe'.
Mi chiesi: "perche’ sono sempre cosi’ addormentato, la mattina presto?"
Mi risposi determinato (mentendo): "Sono cosi' in gamba che mi piace dare due ore di vantaggio al mondo".

Il "male" aveva gia’raggiunto il bus quando io ponderai la seguente: ieri notte, prima di dormire, mi sentivo felice. Pensavo che nelle prossime ore avrei potuto lavorare alla realizzazione di un sogno, sebbene non sapessi cosa avrei potuto trovarmi fra le mani.
Da piccolo avevo gia' provato quel tipo di felicita’.
Quella volta che, laggiu’ in Veneto, avevo scoperto le lucciole (gli insetti, non le donnine), le avevo raccolte in un barattolo e le tenevo sul comodino, nel buio della mia cameretta.
Non sapevo quanto grandi e luminose sarebbero diventate il giorno dopo, pero’ ero contento di averle accanto a me.
Mi addormentavo felice. Chissa se il "male", che sembra sapere calcolare tutto, ha mai dormito cosi’ bene.
Il giorno seguente le trovavo spente.

Non perdete il prossimo episodio sulle lucciole e Amburgo

Saturday, 16 August 2008

Ich bin ein Berliner

I Berliner, sono dei bomboloni. Quando preparati in casa, ogni cento, 99 contengono mirtilli mentre uno viene riempito di mostarda.
Quando hai il cesto davanti, la sorpresa e' sempre dietro l'angolo.

Il soprendente dolciume ben contraddistingue la piu’ incredibile delle capitali europee.
Una citta’ che fu nera piu’ del nero, divenne di un profondo rosso, mentre oggi, per non sbagliare, e’ multicolore.


Qui, a Tempelhof eroici piloti d’aereo eroici portavano provviste con un ponte aereo, per salvare Berlino dalla morsa dei cattivi comunisti.
Poco piu’ avanti, invece, gente che non era adatta alla selettivita’ del sistema capitalista, abbandonava il passaporto in cambio del lavoro, il cibo e la dignita’ garantiti dal socialismo reale.


Li’ a destra c’e’ un museo che contiene l’incredibile ara di Pergamo odierna Turchia (per me piu’ bella del Partenone e i suoi p-fregi perfidalbionici).
Non e’ bello spostare i monumenti, pero’ Berlino e’ la seconda citta’ Turca, allora forse stride meno....solo che ieri cesellavano marmi e oggi scolpiscono kebab....ma anche pizza.


La definizione di genti e cucine Mediterranee, nella mittleuropa, e' un po' caotica.
Come pretendere l’ordine da chi chiama il beverone nazionale, Berliner Weisse, (che significa Bianco) e altro non e’ se non birra e colorante di verde o rosso fosforescente (v. foto).


Mi piace Berlino in estate: e’ verde di parco e azzurra di cielo.
Ci si sente in pace con la natura circostante, in una citta’ cosi’ e molta gente va a piedi nudi nei parchi.
Poi arrivano le api e ricominci a odiare la natura.


Non so quale monumento possa identificare questa citta’: credo che questa si trovi tra i ragazzi dello Zoo di Berlino, i gurken di Sprewald, il sanguinaccio con composta di mele che mi sono mangiato vicino a Friedrichstrasse ma anche in mille altre piccole o grandi cose.

E’ una citta’ giovane, in divenire, con i pregi e i difetti della gioventu’:
Ha molto passato, poca arte del passato.
Il fiore del padiglione della Sony center a Potsdamerplatz, coi suoi petali, colori e giochi d’acqua sembra un ode alla capacita’ di creare luoghi pieni di vita, tecnica e grazia.
Ammiro la pragmaticita’ e la bellezza di queste opere.
I tedeschi fanno poesia con l’architettura.


Mentre ascolto un pezzo sinfonico, rimuginando questo post non posso fare a meno di chiedermi come e dove riescano a infilare la marmellata dentro i Berliner e perche' gli orchestrali non si lamentino.
Ho un libro con le architetture visionarie di Goethe e le liriche equilibrate di LM Van der Rohe.
Rifaccio la valigia, che mi si aspetta ad Amburgo.

Tuesday, 5 August 2008

Ognuno ha la Madeleine che si merita: io Dresda.

Una sera, con alle spalle un tramonto infuocato, arrivai in citta'. 
Ci sono posti che ci fanno sentire fortunati.
Magari non lo siamo, o forse si: in fondo, sentirsi fortunati, significa esserlo.
Si porta fortuna chi crede in se stesso.
Qua non sembra assere cambiato un granche’: i punk a Neustadt bevono la stessa birra davanti ai pub.
Ricordo quel pub, vi conobbi una ragazza con la pelle chiara e gli occhi scuri.
Parlammo un po’, poi mi diede il suo numero, scrivendomelo sulla mano.
Me ne andai in bici contento come un bambino con uno zaino pieno di caramelle: non vedevo l'ora che fosse domani.
Nevicava ed io ero in bici, ma non me ne importava niente.
Arrivai a casa, aprii la mano. Potei solo per stringervi un fiocco di neve imbevuto dall’inchiostro di un numero illegibile: quanto mi rimaneva di quella ragazza che non rividi piu’.

Quel parco la’, lo presi con la bici a tutta velocita’: il regista ci avrebbe ucciso se non fossimo stati in teatro con largo anticipo, per la prima teatrale. Io avevo fatto tardi in lab e correvo, presi sotto una lastra di ghiaccio e capitombolai. Cadendo, rividi tutta la mia vita, come un film; si dice capiti davanti alla morte.
Per fortuna finii su un cumulo di neve.
Poi arrivai a teatro in ritardissimo e il regista mi fece rivedere la mia vita di nuovo a via di cazziate.

Una volta abitavo la’, accanto all’Elba. Un fiume senza argini, con un letto delimitato solo da larghi prati verdi dove correre.
Ma i Sassoni sanno che e’ un fiume buono: straripa una volta ogni cent’anni.
Io aggiungo che e’ gentilissimo, infatti, per la sua squisita cortesia m’e’ venuto a salutare nell' appartamento (cantina) ben 2 volte in 4 anni.
Questo per quanto riguarda i ricordi felici.
Poi ci sono stati anche periodi brutti: ma non si puo’ definire “proprio” un luogo, se non si e’ "vissuto".... Mentre vado in bici mi viene voglia di cantare, apro la bocca e lo faccio.
Proprio in quel momento ingoio un moscerino che canticchiava in senso contrario.
Dopo quest’ ingestione di proteine, passando davanti al pub  Raskolnikov, non posso fare a meno di pensare che io e Dostoevskij abbiamo vissuto sia a Dresda che a Ginevra.
Potrei mettermi anche io a scrivere l’idiota.....ma preferisco farlo e raccontarvelo: preparo lo zaino per Berlino.

Monday, 28 July 2008

Io non volevo, ma loro hanno insistito, per cui.... IL RITORNO DE "LA SQUADRA".

A me non era sembrata una bella idea, ma alla fine misi su la maglietta da calcio e "scesi in campo".Avevo una maglietta da professionista e su c’era scritto il mio cognome.
Entrai in campo, tutti mi guardarono con timore: loro non avevano il nome scritto sulla maglia.
Mi ricordavano il mio contributo ai grandi successi: tipo quella volta che perdemmo di tanto, ma nel dopopartita sconfiggemmo i fisici nel grande gioco che e’ la vita: “birra e salsiccia”.
Io, longilineo avevo guidato la riscossa e dopo avere bevuto 0,5 l di birra fredda in un sorso, avevo emesso il barrito di vittoria che significava una sola cosa: “til gatto di Schrödinger era morto".


Ricevetti la palla, mi vennero addosso in maniera scomposta e cattiva. Era chiaro che le regole del gioco non erano piu’ quelle di una volta. Mi lamentai, risposero che lo facevano perche’ ero un professionista, col mio nome scritto sulla maglia.
Ammisi che la maglietta me l’aveva prestata mio fratello....quindi furono piu’ gentili.

Presi la palla e la passai, ci fu un contropiede. Ripresi la palla, scesi sulla fascia e la crossai, prendemmo un gol. Mi diedero il pallone, dopo un dribbling ubriacante vidi la porta davanti a me; il pallone si insacco’ nella nostra porta poco dopo.
Ero libero davanti al portiere, reclamai a gran voce la palla, sentii delle frasi che si confondevano con il rumore della pioggia, non capii bene cosa c’entrasse la mia mamma.

Stavo giocando male. Mi sembrava di essere in una della scene di Matrix dove tutti rallentano il tempo e schivano le pallottole.
Io ero la pallottola, loro quelli che schivavano.

Eppure c’era stato un tempo in cui ero riuscito fare cose incredibili.
Ricordo una palla che arrivava con me spalle alla porta. La presi col tacco e la diressi, veloce sotto la traversa.
I difensori non avevan capito niente, il portiere, non aveva capito niente.
In quel momento mi sarebbe piaciuto capirci qualcosa io.

Si dice che servano 3 punti fissi per segnare una rotta.
Quel momento e’ fissato nella memoria mia e di quei pochi che quella domenica mattina di pioggia giocavano in quel parco di Cambridge.
Il secondo punto fisso e’ quella volta che campeggiammo in un camping dell’FKK, il terzo lo cerco ancora.

La partita era finita, avevamo perso. Di tanto.
Non mi preoccupavo la settimana dopo, alla stessa ora, sarei stato piu’ pronto e allenato e avrebbero visto qualcosa che finora nessuno potrebbe mai immaginare.
Dopo tanto tempo avevo ritrovato a casa, la spilla del “Club di Topolino che credevo perduta per sempre..

Wednesday, 23 July 2008

Gatti amari

A me serviva un appartamento e al mio amico qualcuno a cui lasciare il gatto.  
La soluzione piu’ logica accontento’ entrambi.
Solo mi mise una strana ansieta’ addosso, quella frase sull’occuparsi di un essere vivente per non fare errori sulla propria progenie in seguito.

Mi rincuoro’ pensare che non dovessi piu’ dimostrare niente a nessuno, essendomi occupato per ben 15 giorni del Tamagochi di mio cugino Ettore* in trasferta nella perfida Albione.
Il primo giorno il gatto lo trovai dietro la porta, una volta entrato in casa si strofino’ col corpo e con la coda sui miei pantaloni riempiendomeli di pelo. Fui comprensivo, non mi arrabbiai.
Il giorno dopo, mi svegliai con un peso sullo stomaco: il gatto che aveva pensato di venirsi a mettere sul letto in cui dormivo.
Gli spiegai la differenza tra uomo e gatto.

Per dimostrargli che non serbavo rancore, gli tirai la pallina per giocare. Lui se la fece rotolare addosso senza far niente e mi guardo’ con aria interrogativa.
Non c’era grossa differenza, come livello di interazione, da quando avevo un pesce di nome “Aldogiovanniegiacomo”.

Passai, il sabato, dopo una mattiniera partita di squash, leggendo degli articoli e compilando l’applications spaziali.
Il gatto stette sul sofa’ tutto il santo giorno, alzandosi di tanto in tanto solo per andare in bagno, mangiare o bere.
Pur avendo rispetto per l’otium, gli dissi di cercarsi un lavoro, un interesse, "una ragazza". Mi guardo' grasso e pigro ricordandomi che era stato deprivato della “joie de vivre” (castrato). Quegli ormoni, pero', non potevano essere gli unici motori della sua esistenza, non eri piu’ un teen agers, ti invitai a coltivare interessi, collezionare francobolli, fare qualunque cosa prevedesse un minimo di vita.
Ti addormentasti, facendomi capire perche’ il web e’ pieno di foto di gatti morti o dormienti.

Il giorno dopo ti lasciai la porta aperta, scendesti in giardino e prendesti familiarita’ col nuovo ambiente. Non era un granche’, ma rispetto a chi fa step  o spinning anziche’ passeggiare sul lungofiume, era gia' molto. Non correvi agile come un puma, eri dubbioso ad ogni passo, ma almeno mostravi una curiosita’ nuova. Dopo una settimana ti lasciai fare il passo successivo: aprii il cancello del giardino e ti dischiusi il mondo esterno.
Arrivasti sulla soglia della stradella. Ti osservavo dalla finestra, ti girasti quasi a chiedermi un permesso.
Ti salutai con la mano e ti invitai a proseguire nella tua scoperta del mondo, Verso l’infinito. Come Belka e Strelka o ancora piu’ in la’. All'improvviso, un lampo di vita, attraversasti di corsa.
Proprio quando attraversava la macchina del vicino.
Attenzione: per l’elaborazione di questo post non e’ stato danneggiato nessun animale (il kebab che sto mangiando viene da un montone consenziente).
* L'esserino, infine fini nei jeans di mio cugino e da li' in lavatrice. Il lavaggio attivo costantemente la funzione "fai la cacchina" portando all'estinzione dell'animaletto a causa di una specie di colera.