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Thursday, 3 December 2009

« L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire *»

L’arte moderna non e’ copia fedele della realta’ ma sua reinterpretazione.
Nel secolo scorso acquisi' importanza il gesto artistico.
Tagliare le tele alla Fontana (il Lucio, non la Federica) segnava insieme alla tela, la fine della vecchia arte e l’inizio di una nuova comunicazione.
Di pari passo, si affermava la figura dell’artista.
La persona, il personaggio e la loro vita divenivano importanti quanto l’opera stessa (immaginate le opere di Dali’ senza conoscere i il baffuto creatore), la zuppa di Wharol senza Andy.
Ora, io ricordo che ai tempi del liceo classico ci si sentiva tutti degli esponenti di una qualche avanguardia artistica: noi ci consideravamo degli eccentrici artisti.
Quelli dello scientifico "T. Ferro", che facevano le stesse cose, invece non erano eccentrici, ma  degli stronzi figli di papa’, (una sfumatura diversa d'artista).
Ricordo ancora le serate passate a discutere dell’arte cubista (una, in particolare, vista in una discoteca), insomma, a dissertare di Boccioni (che la suddetta cubista era procace e pettoruta con due boccioni cosi’).
Insomma serate e serate perse a poetizzare le sue forme  uniche della continuita' dello spazio....che ancora oggi ogni volta che rivedo 20 centesimi di Euro mi viene da sorridere.
Per capire, noi si perdeva tempo a uccidere il chiaro di luna, discutere di Carra' (Carlo, non Raffaella) e Ligabue  (Antonio, non Luciano).
Quelli dello scientifico che avevano piu’ soldi invece facevano il fantacalcio. Noi non e' che fossimo proprio senza soldi.
Eravamo artisti: una versione allegra di un quadro di Pellizza da Volpedo.
Insomma la puberta’ la s'e’ passata con l’idea di crescere e portare la fantasia al potere non disdegnando il gesto artistico, l’happening, improvvisato e la cazzata stolida, propria della gioventu'.

Stamattina sono sceso. in strada. Ho aspettato che la macchinetta (Elisa) si scongelasse, ho spostato i pinguini dal posto di guida e ho iniziato a guidare verso casa di Rob, cui a volte do un passaggio al lavoro. Al semaforo m’e’ arrivato un SMS di Rob dove mi diceva che la sera prima aveva incontrato i suoi amici che lavorano in un supermercato ed avevano fatto a chi resisteva di piu’ nella cella frigorifera. Stamattina aveva la febbre a 39, ma ci teneva a farmi sapere che chi aveva  vinto la gara a chi resisteva di piu'al freddo era stato lui.
Mentre giravo a sinistra, dirigendomi verso la M4; nella mia testa rimuginavo il seguente pensiero: "ma non sara' mica che Rob e' un po' dadaista?"

* il titolo e’ impresso sulla facciata del teatro piu’ grande d’Italia (il teatro Massimo di Palermo).

Lo scrivo qua perche’ mi sembra che quelle genti abbiano poco di che dilettarsi e ancorameno di che programmare il futuro.

Thursday, 5 July 2007

il teatro, dove tutto è finto e niente è falso.

Sono dietro una tenda decorata a greche, indosso una tunica leggera sotto cui "sventola" un asta, ad belushialtezza pubica, lunga mezzo metro. Guardo un po’ intimorito la platea.
Il pubblico osserva con attenzione la commedia greca.
Sono gli studenti del liceo classico “Cielo d’Alcamo”: una scuola nata nel XIX secolo a cui venne dato nome di un illustre cantore dell’XI secolo. Oggidi’ e’ stata accorpata con lo scientifico e l’accordo (al ribasso) ha fatto si che ora si chiami con il nome di ben altro cantore: il liceo T. Ferro.

Il mio regale padre allora, s’era messo in testa di portare ins cena la Lisistrata, la cui storia e’ presto detta: l'ateniese Lisistrata, stanca della guerra, convince tutte le donne di Atene a non fare più l'amore con i mariti finché non sarà tornata la pace. Lo stress dei maschi che non praticano piu’ l’arte amatoria viene rappresentato attraverso un astuto espediente scenico: man mano che il tempo passa il membro di questi diventa sempre piu’ evidente sotto le vesti.
Alla fine arrivano i due ambasciatori macrofallici a firmare la pace....ebbene io ero l’ambasciatore ateniese.

Come ci fossi finito e’ presto detto.
A due mesi dalla rappresentazione, a tavola, il mi' babbo disse: “gli attori sono bravi, ma non sono tantissimi, se non trovo un bimbetto Ateniese e un ambasciatore, forse dovro’ rinunciare”.
Mio fratello (guardacaso allora un bimbetto simil-ateniese) stava per parlare....ma io feci il mio famoso sguardo da: “una parola sbagliata e il leone di Daltanius verra’ trasferito a un indirizzo ignoto".

Subito cambiai discorso chiedendo se il Vittorio Veneto calcio avesse vinto la partita, visto che 30 secondi prima avevo deciso di diventarne tifoso, pur di cambiare discorso.
A un mese dalla messa in scena, mio padre ridisse la frase...ma a questa aggiunse il suo famoso sguardo da: “una parola sbagliata e il suo salario verra’ accreditato su un conto cifrato anonimo”.
Un mese dopo avevo scoperto il mio amore spontaneo per il teatro ed ero dietro quella scenografia. Pronto a incrociare ehm....le spade e gli sguardi col mio collega ambasciatore spartano.
Nonostante temessi di essere scherzato da coloro che l’anno seguente sarebbero diventati i miei compagni di scuola, la rappresentazione ando’ bene.
Anzi, qualcunA ebbe perfino a dire che quel quartino (cosi’ venivano denominati i matricolini della quarta ginnasio), aveva delle doti (± nascoste?).

Alla fine tutti ricordarono il monologo della pace, che, vieppiu’ era anche una gran bella figliola in vesti succinte come si conviene per cotanta dea, e nessuno prese spunto da tale commedia per affibbiarmi nomignoli impudici.
Perche’ vi racconto tutto cio'?
Ieri non sono arrivato a caricare la lavatrice e stamane, guardando cio’ che mi rimane di pulito nell’armadio ho trovato ben poche cose: giusto una toga da ambasciatore ateniese o un vestito da principe di Norvegia.
Ora vado all'universita'.

Saturday, 5 May 2007

Archetipi etno-architettonici della polis odierna.

La piazza, in tutte le citta’ del sud Italia contiene certi elementi topici.
C’e’ il cane della piazza. Qualcuno lo chiama Chiazzy, altri Argo, altri ancora, tentano di aizzare una  sua presunta (ma inesistente) aggressivita' chiamandolo Rambo.
La sua storia e’ sempre la stessa: ancora cucciolo, di orgogliosa razza bastarda, voleva vedere il mondo, fermatosi per riposare nella piazza, noto’ che tutti gli davano da mangiare: un pezzo d’arancina, un calzone, una pizza e si fermo’ li, solo un po’ confuso dal fatto che lo chiamassero con 100 nomi.
Del resto, una volta messa su pancia e’ piu' difficile riprendere a girare il mondo.

Sotto il porticato ci sono i giuovini. Osservano i dintorni e peripateticamente discutono di filosofia o di fantacalcio. Se gli si chiede che fanno.
Rispondono: "staminkiazza" che in dialetto significa: "stiamo in piazza".
Con una sola frase benedicono la fortuna che hanno, di potersi dedicare al niente e maledicono la loro incapacita’ di fare qualcosa di quel niente.
Loro vogliono bene al cane della piazza. Fanno bene, visto che condividono la stessa storia.
C
ome in ogni presepe ci sono degli elementi tipici quali “il bue, l’asinello o lo spaventato” in ogni agora’ che si rispetti ci sono dei personaggi.
Alcuni, come Fofo’, sono sempre stati la’, o almeno io me lo ricordo cosi’. Mai stato giovane, mai invecchiato, sempre pronto ad infervorarsi contro chiunque gli dica che la sua casa di villeggiatura e’ andata distrutta.
In realta’ lui non ha mai avuto una casa di villeggiatura. Ma ci tiene ad arrabbiarsi con chi gli comunica la ferale nuova. Cosi’, senza un perche’, per scandire il tempo, come i temporali estivi.

Ora va detto che dalle mie parti chi parla poco saggio, chi parla meno e’ talvolta considerato pazzo, ma non e’ sempre cosi’ facile giudicare.
Quando andavo alle medie, per esempio, comparve sulle panchine della piazza un uomo.
Rarissimamente parlava.
Io gli sottoposi degli studi di funzione perche' avevo una teoria da sperimentare: se a Mazara, si diceva, ci fosse un barbone che risolveva per gioco i compiti dei ragazzi, perche’ anche noi non potevamo averne uno?
Alcuni hanno creduto di conoscere in quel barbone uno dei piu’ grandi fisici di tutti i tempi: Majorana.
L’uomo della mia citta', invece, in matematica stava peggio di me.....ed e' che dire.
Un giorno strappo' una pubblicita’ da un muro e inizio' a disegnarci su sagome che si sovrapponevano, colorandole con delle penne rosse e blu.
Lo sfidai a disegnare una tigre, pensando a Ligabue (quadro a Sx). Ma l’uomo non mi ascolto'.
Sempre piu’ spesso parlava da solo, erano discorsi articolati, per noi che non sapevamo i pensieri dell'interlocutore erano abbastanza confusi. L'uomo tentava di avere ragione e gesticolava molto
con le mani. Infine perdeva la discussione e  ricadeva stremato sulla panchina senza piu' argomenti per controbattere.
Poi, all’improvviso, come era arrivato scomparve.
Arrivo' l’inverno e i manifesti su cui aveva disegnato le sagome si scolorirono con la pioggia.
Ogni persona e’ un racconto da ascoltare, ogni persona ha una storia interessante.
Quella storia, ad oggi, non e' stata ancora svelata.