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Sunday 25 April 2010

Lisbona la bella. (Lisbella la bona?)

Lasciamo la nebbia fredda di Fatima e arriviamo a Lisbona che ci accoglie con cielo blu e una giornata calda che mi fanno sentire in un posto bellissimo.
Penso cio’ guardando un cartello stradale che recita Lisbona, Benfica.

Magari e’ solo come suonano le parole ma se sono riusciti a convincere generazioni di amanti senza fantasia che Parigi o Venezia sono citta’ romantiche capirete quanto il marketing sia piu’ importante del prodotto in se.
Passeggiamo in centro dove 23 spacciatori in meno di un ora mi offrono fumo, hascish, marjuana; uno sua sorella.
Dico a tutti la verita’: “grazie, non fumo”. Quello che mi offriva sua sorella, spiazzato dalla mia risposta ci rimane male.
Mi chiedo come mai tutti mi offrano queste cose. Torno in albergo un attimo a controllare una cosa.
Ho capito. Barba e capelli lunghi: tipico del mio essere vacanziero, fanno percepire la mia presenza come quella di Woody Allen nel film
della foto.

Non sapendo da dove iniziare a scoprire questa citta’ decidiamo di andare a vedere la cattedrale, che in portoghese si chiama Se'”.
Insomma, partiamo una volta ancora alla scoperta del “se”.
Poi andiamo in giro a piedi o coi tram che si arrampicano sfiniti per salite assurde.
A volte dei giovani si attaccano alla porta dei filobus dalla parte esterna e, sul predellino si fanno accompagnare per la citta’ senza pagare il biglietto. Sono dei Portoghesi.

Nella fretta, abbiamo lasciato le guide in macchina, all’aeroporto di Bristol. Abbiamo solo un post it con dei suggerimenti da un forum inglese che consigliava di evitare due quartieri l’antico Alfama e il Bairro Alto. Ci fiondiamo la’, passeggiamo per le stradine e non ce ne pentiamo affatto. Sono la parte piu’ bella, vera della citta’.

Andiamo anche alla foce del Tago. Qui c’e’ una famosa torre.
Qui si fermavano i marinai che tornavano dalle Americhe e parlavano delle meraviglie viste.
Non avendo la guida con me, mi piace pensare che da queste storie di marinai si sia stagliata nitida nei secoli una donna sudamericana e che pertanto a lei sia stata dedicata la torre. La torre di Belen.


Di fronte alla torre c’e’ una statua del Cristo redentore che, con le braccia spalancate guarda il suo piu’ famoso omologo che al di la’ dell’oceano (a Rio de Janeiro) sovrasta il monte Corcovado.
Accanto alla torre c’e’ anche il monumento alle scoperte.
Qui i volti degli scopritori portoghesi guardano la fine del fiume nella direzione delle terre da lo
ro scoperte oltre mare.

Solo che in realta’ gli scopritori guardano il Cristo scettico sull’altra sponda del Tago, e nessuno dei due sembra essere troppo certo di dove finisca il fiume e dove siano l’oceano e le terre d’oltremare.
Il mare confonde, circonda e circonfonde.
Borges diceva che il mare e’ un antico linguaggio che non si lascia decifrare.
Se questo e’ vero, io che ho familiarita' con le isole non ho problemi.
Un isola e’ un punto fermo su cui arrivare per poi ripartire.
Ogni uomo e' un isola e, per come la vedo io, non e' necessariamente un male.

Tuesday 20 April 2010

Fatima: il santuario (e sulle concezioni della Fede).

L’altro di’ ero al parco. C’era una papera seguita dai paperotti, appena nati. Cercava di tenerli in fila, insegnando loro a nuotare.
Uno fini’ in mezzo a un cespuglio e non riusciva a passare, ostacolato dalla corrente.

Il viaggio a Fatima e’ un viaggio strano, mi ci ha portato la mia ragazza e mi ci trovo piu’ per amor suo che per la fede.
Fatima sono 4 case in mezzo sulle montagne dove si dice che sia apparso a 3 pastorelli dapprima un essere chiamato “angelo del Portogallo” e poi la Madonna che abbia esortato i pastorelli alla preghiera e al sacrifizio.
Da li’ il paesino ha riscoperto un anima (commerciale) divenendo una meta di pellegrinaggio mondiale.

C’e’ un atmosfera grigia in cielo, grigia in terra e nemmeno le persone attorno mi sembrano particolarmente solari.
Tutti i negozi vendono materiale a tema ecclesiastico.
Tra le statue che si accumulano in tutte le forme e colori (il fluorescente va moltissimo), vedo anche una mano di Fatima.
La mano di Fatima e’ un simbolo Islamico che per i credenti islamici rappresenta dunque il simbolo della serietà e dell'autocontrollo (
qua piu’ dettagli). Chissa’ se il mercante da tempio che lo tiene in vetrina sa la storia di quel simbolo.

Andiamo al santuario.Un fumo nero, denso si alza. Fumo di candele bruciate da gente che chiede qualcosa o scioglie voti. Alcuni hanno le forme della richiesta (vedi foto) e sono alquanto inquietanti.
Come tutti, accendo una candela. Ma non esprimo desideri....non per mancanza di fede (del resto li esprimevo anche prima di soffiare le candeline), ma perche’ per ora va davvero tutto bene.
Non penso che cose come piu’ soldi potrebbero rendermi piu’ felice.
Mi renderebbero felice in maniera diversa. Ma io al momento sono felice della mia felicita’ cosi' com'e'.

Pero’ in mezzo a quel fumo vedo l’infelicita’ di chi ha problemi e sia affida cosi’ a un essere superiore. Una signora arriva con un sacco di candele e mi dispiace seriamente per lei.

E c’e’ gente che percorre in ginocchio un percorso, e vedo le loro facce sofferenti.
Penso a questo posto e a cio’ che rappresenta.
E’ frutto di una fede forte, ma priva di felicita’ che si crogiola nel sacrificio.

Nella mia visione c’e’ un dio che arrivato dall’altro lato mi chiedera’ conto della mia vita ponendomi una domanda ben precisa:
“qual’e’ la migliore bettola in cui mangiare?”.
Mi piace pensare siamo stati creati ed evoluti per fare un mondo migliore.
Conoscere, viaggiare, conoscerci, amarci e moltiplicarci.
Con quella domanda s’impedirebbe l’accesso in paradiso di qualsiasi xenofobo o chiunque non si sia mai messo in gioco chiudendosi nella sua valle alpina o biblioteca-torre di cristallo.

E’ ovvio che questa mia visione e’ piu’ frutto di una religiosita’ personale di cui ho gia’ parlato qua, quando ancora scrivevo bei post.
La verita’ e’ che mi dispiace davvero che ci sia tanta fede (c’e’ gente che e’ venuta da tutto il mondo, molti asiatici), tanto potenziale d’amore e che sia investito in compiere sacrifici o codificare comportamenti piuttosto favorire la comunicazione tra i popoli.
Pero’ la chiesa di oggi mi sembra capace solo di dettare regolette su come bisogna comportarci in cambio di 8 per mille e combattere il relativismo e la secolarizzazione (che non sono concetti con cui risvegliare le masse).....e nemmeno la balla del teologi che identifica nell’eruzione un avvertimento di dio. Io non crederei a un dio che usa i vulcani come editoriali di Feltri per avvertire gli amici.

E poi c’e’ la storia della pedofilia che mi mette troppa tristezza, perche’ troppe parole sono state pronunciate, tranne quelle giuste.
Per come la vedo io, la papera ha preso i piccoli e li ha fatti salire su un isoletta. Poi e’ tornata dal paperotto che era rimasto incastrato nel cespuglio, l’ha spinto contro la corrente fino a passare i rami e hanno ripreso a nuotare verso gli altri.
Se una papera, che non ha anima e non ha amore riesce a fare tutto cio’ solo per istinto materno che l’evoluzione ha selezionato per garantire piu’ sopravvivenza.
Noi non siamo animali, ma figli della natura si, e obbediamo alle sue leggi....che vogliono che ogni organismo si moltiplichi (il celibato imposto e’ contro natura).

La natura e’ forte, e noi siamo forze della natura.
E se non ci fosse un dio, dall’altro lato, non mi dispiacerebbe affatto addormentarmi e tornare alla madre terra.
Stiracchiare le mie molecole fino a farle diventare qualcos’altro.
Sarebbe bello diventare una melenzana viola che cresce al sole di Settembre.; che se non s'era capito, a me piacciono tanto le melenzane.
Cerchero' di postare un po' piu' spesso. Stay tuned ;-)

Tuesday 13 April 2010

Porto: un posto di passaggio travestito da citta’.

Arriviamo in centro con la nuovissim metropolitana e dall’albergo scendiamo verso il porto, giu' al fiume. Scendendo, la citta’ diventa piu’ antica e colorata, ma purtroppo anche anche piu' triste e  decadente.
Dalle parti della stazione di Sao Bento incontriamo un giuovine che ci racconta che la sua casa e’  bruciata, i suoi genitori lo hanno cacciato di casa, ha perso il lavoro, la sua ragazza lo tradiva col suo migliore amico, il suo gatto era finito sotto una macchina....insomma avevamo uno sceneggiatore di telenovelas.
Scendiamo a fare colazione in centro. Contento di potere parlare la mia seconda lingua ordino la colazione in Spagnolo. Paghiamo 6 Euro.
Giriamo un po’ la citta’, dopo avere mangiato la Francesinha andiamo verso le cantine dove ci raccontano la storia del Porto (inteso come vino), per chi interessa e’ uguale a quella dello Sherry, che e’ come gli inglesi chiamavano Jerex (de la Frontera), poi ci servono un bel po' di vino.
Il giorno dopo a colazione la mia ragazza fa una magia: mi dice di stare zitto e lei ordina in Portoghese le stesse cose (praticamente mette una “sc” al posto delle “s”).....e paghiamo 3 Euro. Cavolo non sapevo fosse cosi’ facile ridurre il tasso d’inflazione. Un altra teoria vuole che ai Portoghesi gli Spagnoli stiano sulle Pelotas per cui e’ meglio provare a parlare un portoghese o italiano che in castigliano.
Il giorno dopo arriviamo alle 10.50. L’autobus partira’ alle 11.00. Dobbiamo ancora fare solo i biglietti ma tanto alla biglietteria c’e’ solo una gentile e dolce nonnina da aspettare.              La nonnina compra un biglietto per il giorno dopo e poi inizia a parlare della visita ache fara’ alla nipotina...i miei 5 anni fra la gente pignola e precisa come quella dei Sassoni vorrebbe spostare di peso la vetusta gentildonna per fare il biglietto in tempo. Ma sorrido e sto muto.
La nonnina racconta dei regali che sta portando alla nipotina, ed i miei 6 anni nel Trevigiano, fra gente per natura tollerante capisce benissimo la necessaria loquacita’ dell’avita signora e non la vorrebbe sorpassare e fare il biglietto. Infataccio.
La nonnina ora racconta da quanto tempo non vede la nipote e di cosa fara’ con lei e i miei due anni Elvetici mi porterebbero all’apostrofare con parole argute la fottuta vecchiaccia che devo fare sti cazzo di biglietti che mi parte l’autobus.
Ma finalmente si leva dalle palle e riusciamo a fare i biglietti. Sono le 11.05, ma riusciamo a prendere l’autobus perche’ anche l'autista ha deciso di partire in ritardo per finire la sigaretta.
Il mio essere Siciliano pondera la seguente: l’attitudine mediterranea alla troppa rilassatezza fa male e per chi non e’ abituato fa fare sangue amaro  risulta essere causa di stress.....tuttavia, se ci si mettesse un po’ d’accordo sul concetto di ritardo e concordassimo 10 minuti di elasticita' su ogni orario, forse tutti ne proveremmo giovamento.

Salutiamo Porto e non ho ancora capito se m’e’ piaciuta.
Certe parti cadono a pezzi ed e’ decadente e triste come la sua musica, il fado.
Andreia, una mia amica di vecchia data, che e’ nata a Lisbona ma lavora a Porto.mi dice che questa citta' e’ un luogo di passaggio e rappresenta lo scenario perfetto delle storie di cui e’ testimone e di cui rappresenta la sommatoria.
Porto ha una bellezza nascosta: non si offre a tutti, ed e’ difficile da capire se si e’ turisti di passaggio.
Ricorda Palermo: citta’ struggenti per chi e’ capace di leggere le storie delle glorie di un passato sempre piu’ lontano nel tempo e nella memoria.
Purtroppo io a Porto tutto cio’ l’ho solo intravisto, anche perche’ dopo tutto quell vino denso....non c’era nessuno che mi teneva ferma la citta’ che continuava a sdoppiarsi beffarda. 
Son tornato adesso finalmente a casa. Ora posto delle foto fatte da me e riprendo a raccontavi il viaggio.

Thursday 8 April 2010

Te lo do io il Brasile

La mia ragazza mi disse: "ti porto in vacanza dove avresti sempre voluto andare".
Io pensai: "andare in Brasile con la propria ragazza e' come entrare in una birreria portandosi la birra da casa".
In realta' non ero sicuro che mi volesse portare la', ma le vidi scrivere una mail in Portoghese....i sospetti si addensavano.
Chiesi un aiutino per vedere se avevo indovinato la localita' delle vacanze.
Lei mi disse che andavao nel paese delle "3F".

Non avevo piu' dubbi, tra me e me pensai "Figa, Futbol e Feijoada sto arrivando"!...e  cantando Bossa Nova
schiaffavo camicie tropicali nello zaino muovendomi col passo della Mangano nel "negro Zumbon", pregustavo le bellezze della natura (che spesso da quelle parti sono sode), il monte pan di zucchero e altri panettoni assortiti.
Ai costumi degradati dei suoi abitanti (infatti la materia dei costumi s'e' degradata ed e' rimasta solo in concentrazione minima).
Ai costumi sessuali liberi eccessivamente (non sto a criticare i cambi di sesso), ma la cantante dei Banda Eva, ultimamente mi sembra cambiata in peggio: da
cosi' a cosi.
Proprio in quel momento mi arrivo' la notizia: andavamo nel paese delle 3F: Portogallo, terra di Fado, Fatima e Francesinhas.

Il fado e' l'inverso della Samba: quest'ultima e' sole ed allegria dove il fado e' triste malinconia.
E' un canto dell'anima un canto sofferente ma pieno della dignita' e della cultura propria di questo popolo (che per non tradire la sua cultura del lamento gioca a calcio da dio, ma non vince mai niente).
Eppure, in quel momento, avendo appreso la notizia, togliendo le camicie tropicali e sostituendole con altre ben piu' scure, con la mia formazione culturale fatta da veline sfacciate e poppe al vento da tv commerciale, a sentire che non si andava in Brasile ma in Portogallo, sentivo dentro di me un sentimento che se non era quello del fado, molto, invero lo rassomigliava.

Con questo spirito appropriato per il venerdi' santo atterrai a Porto.
Prossimamente vi racconto il resto del viaggio.