Saturday 4 September 2010

Le città hanno dei linguaggi tutte loro.

A volte parlano con segni astratti, in genere non son mai banali.
Riflettevo su ciò mentre prendevo un autobus.
Il segno “
mind your head mi faceva riflettere.
Mi costringeva a preoccuparmi della mia testa, dei pensieri che dovevano, appunto essere ben pensati, “prima di attivare la bocca verificare che il cervello sia inserito”. Il cartello esortava a fare lo stesso: a mettere la mente (mind) nella testa.
Il segno era davvero notevole.
Più avanti, camminando notai un altro segno che recitava “Look right”.
Come interpretare questa esortazione se non come un incitamento a osservare (look) ciò che è giusto (right) con lo scopo di seguire i modelli migliori e pertanto rendersi più perfetti.
Eppure non potevo fare a meno di notare la dicotomia che voleva quella frase a significare Appari (look) in maniera corretta (right).
L’asserzione, seppure vanesia e di impronta epicurea non era del tutto errata: non era forse vero che, sebbene l’abito non faccia il monaco, tuttavia ad ogni funzione si addice una veste? Se uno vuole essere visto come giusto, forse un po’ deve apparire come tale.
Leggevo la città come un manuale di filosofia (visto che anni prima avevo usato le ore di filosofia per leggere fumetti).
La metropolitana mi riservava ancora una sorpresa con il suo messaggio: mind the gap.
Incredibile. Nevvero?
La metropolitana di Londra mi esortava a occuparmi delle lacune, riconoscendo la natura perfettibile, seppur erronea per definizione dell’essere umano.
Convinto che questa conversazione con la città m’avesse, se non arricchito, spinto a riconsiderare il mio io, le mie ambizioni e a riconoscere le mie lacune, con lo scopo di porvi rimedio, finalmente giunsi all’aereo che mi portava verso la ventina di giorni di meritata vacanza estiva.
Ponderavo ancora tutto ciò quando, percorrendo in moto lentamente via Zenone (che noi del classico via Zenone la si percorre sempre in prima anche se con una moto di grossa cilindrata per via di certi paradossi, Achilli e tartarughe che non sto qui a spiegare).
Vidi verso la fine della strada un cartello.
Sotto v’era scritto "
Zona Disco".
Cercai di interpretare il segno si ermetico e criptico.
Accanto al cartello non v’erano discenti, né docenti che peripateticamente tramandavano il loro sapere.
Poi la sera vidi tanta gente che ballava discotecaramente attorno al cartello il ballo di Simone.

9 comments:

utente anonimo said...


Molto bello il link degli "Au revoir Simone".

Vado a cercare chi sono.

a

yetbutaname said...

parcheggi equivoci in via Zenone
buone vacanze

utente anonimo said...

Il cavillo sta nel fatto che la lingua italiana non si presta, ahinoi.
E io che a Via Zenone, venendo dal classico, non  ho mai dato il giusto peso!
estia

laila81 said...


Paragonabile a una seduta psicoanalitica ;-))

utente anonimo said...


Come ballo di simone ricordavo questo http://www.youtube.com/watch?v=ksR0si3ZloY&feature=fvsr , ma le simonette sono migliori.
ciao
orso

Pispisa79 said...


la zona disco da tanti spunti!

utente anonimo said...

Simone dice che è molto semplice
e lui queste cose le sa

xanthippe said...

Matusseiunfilosofo!
:o)

redcats said...

Filosofo classico! Redcats