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Saturday 9 January 2010

La truna dell'ego

I britannici (al secolo perfidalbionici) sono convinti di abitare un isola tropicale.
Solo cosi’ si spiega perche’ si ostinino ad indossare minigonne e spalmarsi di crema solare quando fa un freddo barbino e spunta un sole che piu’ che timido e’ sociofobico).

Ma forse e’ meglio raccontare l’odissea dall’inizio.
Musa, quell'uom di multiforme ingegno

Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra.

Infatti dovevo atterrare ebbere a terra a Londra, ma per un fato beffardo (i fati si dividono sempre in beffardi e avversi, la fortuna invece l’e’ sempre culo) durante il volo l’aeroporto venne chiuso per neve, cosi’ ci dissero che dovevamo continuare verso Nord.
 
Quando atterrammo ci dissero che eravamo a Leeds non ero sicuro di sapere dove fossi, guardando il panorama fuori dall’aeroporto capii di essere molto vicino al polo Nord: regno del “mitico Thor”, pensai che se atterravamo tra ranger del Nevada di Capitan Miki era peggio.
Cercai di ricordare meglio la mappa e il mio passato calciofilo mi ricordo’ che mi trovavo nella provincia dello United (Leeds United si trova a Nord di Sheffield United e ad Est di Manchester United....ma piu’ a sud dello Yorkshire (contea di cani antipatici).
Uscimmo dall’aeroporto senza sottoporci ai nuovissimi body scanner (vedi foto) della cui efficacia, io che li ho sempre visti pubblicizzati su “il monello ho sempre dubitato.
A notte fonda arrivo' un autobus che viaggio' per tutta la notte
per riportarci a Londra.
Qui ci dissero che i treni non andavano, gli autobus arrancavano, l'insalata era nell'orto, pane e vino ci mancava,
maramao perche' sei morto; la peste infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca. Decisi pertanto di affittare un macchina e dirigere sul Galles.
Dopo aver pagato mi indicarono un cumulo di neve. A giudicare dalle dimensioni doveva avere  affittato un torpedone.
Spalando via l’eccesso risulto’ essere una Volvo: una sicura macchina cinese.
Prima di partire dovevo rimuovere lo spesso strato di ghiaccio sul vetro.
Mi serviva un raschiaghiaccio (ice-scraper).
Purtroppo gli affittamacchine li avevano finiti (essendo un paese tropicale ne avevano presi giusto due).
Feci come gli antichi e con un bue e un asinello e scongelai il vetro.
Con la macchina andava bene.
La neve, pero', risveglia la parte bambina di tutti noi, e chi e' piu' bambino di un camionista? Guidando i loro giocattoloni  2 camion e 3 tir avevano fatto un incidente tutti insieme.
Ci dissero che ci sarebbero volute due ore per riaprire l’autostrada.
Intanto iniziava a nevicare forte.
Pensai a cosa potevo fare, poi mi resi conto che avevo con me tutto cio’ che mi serviva per sopravvivere:
Presi dal mio zaino un cd di Bob Marley, e questo basto’ a fare sciogliere il gelo attorno alla mia macchina.
Poi aprii il pacco di dolci e biscotti che dovevo portare ai miei colleghi.
Erano dolci fatti con le mandorle e li cuddureddi i tipici dolci natalizi fatti con cioccolata, noci e fichi secchi.
Mentre me li mangiavo tutti (ai miei colleghi avrei cercato di portare qualche altro prodotto tipico: un carretto siciliano, una testa di cavallo, un disco di Battiato).
La neve scendeva ma io ero molto tranquillo (e satollo).
Nella mente mi frullavano questi pensieri di saggezza siciliana "l’acqua mi vagna, lu ventu m’asciuca, calati junco ca passa la china" (l'acqua mi bagna e il vento mi asciuga: piegati o giunco finche’ non passa la piena).
E’ impossibile preconizzare gli imprevisti, e’ inutile arrabbiarsi per cio’ che non possiamo controllare. Ci vuole capacita’ organizzativa e spirito d’adattabilita’.
Ci sono voluti anni ma posso dire che oggi questo e’ il mio karma weltanschauung.
Va beh, ci ho provato a buttarla sul filosofico, ma il vero motivo per cui ero cosi’ felice, era che, dopo averla studiata in teoria per tanti anni agli scout, per la prima volta avevo abbastanza neve per scavare una truna di sopravvivenza.

Le foto sono prese dal sito della Nasa, Animamia e Meridth Gimbel.

Monday 14 December 2009

Subterranean Homesick Alien: l’uomo che sognava arancine

In Sicilia c’era una grande carestia quando nel porto di Palermo approdò una nave carica di grano.
C’era una fame da non vederci (“pitittu a pettu di cavaddu”) e si decise di non perdere tempo a macinare il grano: venne bollito e mangiato.

Era il 13 dicembre del 1646. Santa Lucia.

Per ricordare la carestia, per Santa Lucia in Sicilia non si mangia pane o prodotti fatti con farina ma si mangia
cuccìa e le arancine
La cuccìa e’ ok. Le arancine invece, sono il motivo per cui l’uomo si e’ evoluto, nella loro forma sferica si riflette la perfezione; nel cuore morbido la gioia della ricerca e della scoperta, nella  loro frittura l’ineluttabilita’ degli eventi a venire.

Stamattina ero felice finche' il mio stomaco pretese il suo tributo chiedendomi perche’, come tutti i siciliani di buona volonta’  non stessi frigendo (‘nta l’ogghiu fitusu) una quantita’ di arancine che potesse ottemperare al mio fabbisogno etico-morale. 
Purtroppo, l’arancina piu’prossima distava 3062 km.

Presi la macchinetta
ELISA e mi diressi verso le bianche scogliere d ella Penrhyn Gŵyr (penisola di Gower).
Li' ho mangiato il piatto tipico locale: il buonissimo salutarissimo
Laverbread.
A chi voglio prendere in giro (certo non il mio stomaco).
Il pane con le alghe mi fa schifo.

Io non mangio l’insalata perche’ penso che le piante  dovrebbero ornare appartamenti, non stare nel mio piatto....figurarsi delle alghe....nemmeno santificate da una frittura.

Rimestavo la broda e sognavo arancine.
Poi sono uscito sull'altopiano.

C’era un aria bella ed ho fatto le foto di questo post.

E c’era tanto verde che finiva sulle scogliere a strapiombo sull'oceano grando.

Tutto era pulito e grande, spazioso. Potevo vedere le navi al largo e le coste della Cornovaglia piu’ in fondo.

Poi ho pensato che alla fine ognuno appartiene e deve stare nel posto dove puo’ realizzarsi (come dovrebbe potere votare nel posto dove paga le tasse).
Che non lo possa fare nella mia terra e’ un peccato, ma che senso ha mangiare  arancine senza la possibilita’ di costruirsi un futuro.
Sarebbe bello fare conoscere le arancine ai miei figli, ma non potro' mai mantenere una famiglia laggiu'.



Poi ho pensato che gli alberi iche si vedevano in lontananza erano scheletrici: avevano tolto le energie alle foglie ed erano andati a dormire.
Quando tornero’ in primavera’ li rivedro’ verdi e vivi -pensai- quando le radici riporteranno la vita, le risorse, alle foglie.
Guardo l’Italia mi sembra che le risorse siano poche e mal gestite.

Perfino iniziative lodevoli come Telethon permettono al governo di non fare il suo dovere e forniscono alibi ai politici che buttano soldi invece di investirli nella ricerca.
Io tornerei volentieri: prima o poi dovro’ metter radici da qualche parte.
Ma mi pare che piu’ si vada avanti e piu’ mi sembra che sono rimasto senza
terra...e non posso starmene con le mie radici in mano per sempre.

Specialmente quando qui e’ tutto cosi terso e pulito e grande, spazioso.

E poi il freddo becco (beak cold) m’ha congelato il neurone.
Ho pensato che se mia madre non mi  scongela le arancine, io me le succhio come ghiaccioli.

Poi ho girato la macchina che li' era finita la terra e sono tornato verso casa.
La sera, mentre pulivo quelle 5 stanzette, le ho trovate piu’ accoglienti del solito.
...e stranamente un pensiero sulle arancine non mi faceva piu’ nemmeno tanto male.
Sta cosa di vendere i beni confiscati alla mafia non si puo' sentire
(con la possibilita' che ri-finiscano a mafiosi o loro prestanomi), per favore firmate anche voi la petizione di Libera.

Tuesday 6 October 2009

Il paese delle favole (con tanti gnomi e pochi nani malefici).

Il Galles e' un paese da fiaba: le case, fuori sembrano castelli e dentro sono di marzapane.
Qui attorno si sono scritte storie favolose, per esempio Alice nel paese delle meraviglie.
La cosa non mi stupisce, perche’ l’altro giorno ho visto passare davanti alla mia macchinetta Elisa una creature cosi’ incomune, alla latitudine sicule: un coniglio tutto bianco.
Dalle mie parti il bianconiglio e’ sempre stato un animale mitologico.
A volte se ne sente parlare ma esso non incrocia mai spontaneamente  la tua strada (tranne nell’accezione “coniglio con le patate a forno” ).
Qui, invece, m’ha attraversato la strada correndo veloce fino alla fine del mondo.
Anzi, quasi fino alla fine della Mondeo che gli ha fatto la Fiesta.
Un paese da favola, il Galles, pieno di creature magiche.....certo se smettessero di dare le indicazioni stradali in Elfico potrei arrivare a casa prima anziche’ perdermi per tutto il Morgannwg.
L’altra volta mi trovavo per esempio a Llandaff , dopo Llanedeyrn e Llanishen, ma molto prima di Llanrumney.
Non sapendo piu’ dove Llandare ho chiesto aiuto ad un buonuomo perfidalbionico-autoctono.
Lui mi ha detto di andare dritto fino al drago nero, poi voltare al drago innocuo (armless dragon) e infine continuare dritto fino alle corone e rose, vicino al braccio del re.
Sinceramente, m’e’ sembrata una strada impervia e pericolosa (che la mia mamma m’ha ditto di stare attento ai draghi). Oggi ho scoperto che qua usane le public houses (per gli amici pub) per dare indicazioni stradali.
Poi ho trovato una chiesa, dove m’hanno prelevato del sangue come donatore e nella cui libreria ho comprato un bel libro fotografico sui Clash.
Ho l’impressione che qui le chiese siano un po’ meno luogo di culto che da noi.
O sara’ che era una chiesa riformata...ma non so ancora cosa significhi di preciso.
La mia ragazza dice che forse significa che non ha passato la visita per il servizio militare. Sara’....


La prossima settimana sono a Liverpool per un corso che si tiene in un castello.
Non vi posso dire di cosa si tratta, ma vi posso dire che ho sempre voluto diventare re (jus primae noctis  compreso). Per cui, non perdetevi il prossimo post.

Monday 14 September 2009

Fiesta! il sole sorgerà ancora.

Risolto il problema del lavoro e dell'alloggio, rimane quello del mezzo di locomozione.

Vado a provare una macchinina.
Mi siedo e siccome sono intelligente noto subito delle differenze.
Per esempio, non c'è il volante. Mi alzo e prendo posto dal lato destro della macchina.
La macchina è piccolina ma bella. Mi sento pronto a provarla su strada, stiro il braccio destro finchè non trovo il pomello, lo faccio scattare in avanti....si abbassa il finestrino.
Cavolo. Scopro che dovrei cambiare le marce con la mano sinistra: quella mano che anni di evoluzione avevano stabilito servisse soltanto a ciondolare fuori dal finestrino!
Incomincio ad intuire dove stia la perfidia degli albionici.
Comunque questa Ford fiesta blue del 2001 mi piace. La prendo. Si chiamerà E.L.I.S.A.


Il primo giorno uin cui vado in macchina al lavoro sono abbastanza garrulo.
Finchè non giungo alla prima rotonda (rotatoria), che qui si chiama "roundabout" ovvero gira intorno a qualcosa.
Il fatto che il termine sia generico ti fa capire che ci troviamo davanti a un luogo, o meglio un non-luogo magico (per chi non lo sapesse, Stonehenge era la prima rotatoria con corsie di preselezione della storia umana...altro che alieni).
Giungo alla rotatoria, metto la freccia a destra e giro a sinistra (perchè nelle rotatorie inglesi le leggi della fisica e della razionalità non si applicano). Avanzo, giro intorno, ma non trovo l'uscita giusta, o almeno, so che è qui da qualche parte, ma leggendo le scritte il inglese e gallese, più quelle 3-400 indicazioni che costituiscono la segnaletica orizzontale, mi trovo a girare in tondo più volte.
Al terzo giro inizio a riflettere sul significato della vita. Prendo l'uscita da cui vanno fuori meno macchine (sindrome da scout alla ricerca di strade non battute)....ovviamente sbaglio, però all'uscita successiva trovo le indicazioni che cercavo e smetto di errare (nel senso di fare errori).
Visto che riesco a perdermi altre volte (su 6 rotatorie che incontro) e che alla fine della giornata ho fatto 3 volte la distanza che dovevo fare, decido di investire in un navigatore.
Entro in un negozio e ne compro uno.
Il tizio mi dice: "se hai qualunque problema col navigatore satellitare, portacelo domani e te lo cambieremo".
Lo guardo e gli confido che, se non funzionerà, col cavolo che riuscirò a ritrovare la strada per il negozio.
Lo saluto affettuosamente ben sapendo che sarà l'ultima volta che vedrò quel negozio in vita mia.

Il rapporto col navigatore non inizia bene.
Anzichè dirmi fai inversione a "U", mi fa fare un giro assurdo.
Dopo 10 minuti ripasso davanti al parcheggio da dove ero partito.
Simpaticamente dice: "fra 500 yards gira a sinistra". Ovviamente freno di botto e vado a mettere tutti i settaggi giusti: io non ho la minima idea di quanti metri corrispondano a una yarda.
Certe volte sarebbe così semplice comprendersi e invece si tengono in vita tradizioni che creano soltanto fraintendimenti.
Penso a quando stavo in Veneto. Il 50% delle persone parlava il dialetto come prima lingua. Leggo che ora vengono assecondati dalle politiche locali. Io spero soltanto che sappiano altrettanto bene le lingue straniere, altrimenti faranno davvero la fine degli indiani della riserva, causa incapacità di comunicare col mondo.
Penso a tutto ciò a colazione. Poi aggiungo alla tazzona un pò di latte dalla bottiglia di 4,54609 (pari a un gallone).
Non mi abituerò mai a queste misure. Poi decido di andare a nanna, percorro quei 20 piedi che mi separano dal letto che misura mezzo acro e cado in un sonno pesante (ben più di 100 libbre)....guidate con prudenza e buona notte.

Ancora non ho internet nella mia casetta (me lo attaccheranno presto). Voi pazientate ancora un pò.
Le foto della macchinina ELISA le metterò su presto, che al momento ce le ho su un altro computer.

Thursday 16 July 2009

Nella terra dei Caerdydd.

Facendo sponda su Parigi, atterro a Cardiff.
O almeno spero: l’air-bus avrebbe fatto scalo a Glasgow e Cardiff.
Io, come sempre mi addormento sugli aerei, per cui all’arrivo mi viene il dubbio su quale fermata io sia sceso.
Puo’ sembrare un dubbio banale, ma non lo e’ in Gran Bretagna.
Uscendo dall’aeroporto che e’ uguale a tutti gli aeroporti, si trovano pianure verdi delimitate da muretti di pietra o siepi e villette a schiera di cui e’ stata disseminata l’isola con poca possibilità di discriminare tra le due città.
Per fortuna la bandiera bianca e verde su cui campeggia il drago rosso mi conferma che sono in Galles.
Sembra una terra in cui trovare risposte alle grandi domande: per esempio questa, che mi pone una pubblicita’: “sgwrs a rhywun?” merita sicuramente una risposta....ma non vale citare il proprio codice fiscale.
Il giorno dopo ho il primo colloquio di lavoro.
Nel mondo delle biotecnologie, con le aziende ci sono due problemi: le aziende che vanno male si fondono tra loro con repentine riduzioni di personale.
Se invece vanno troppo bene: ne vengono venduti i brevetti e vengono rilocalizzate in Cina (altra terra di draghi) con un quarto della spesa per il personale.
L’azienda per cui faccio un intervista non corre questi rischi.
Dopo l’intervista, vago per la citta’.
La citta’ e’ piena di giuovani coppie di tutti i colori.
I Gallesi non sembrano dissimili da noi italiani, solo con due spalle cosi’, il che spiega perche’ al calcio preferiscano il rugby.
Fenotipicamente, invece si presentano dissimili dagli inglesi che hanno caratteristiche somatiche ben definite quali la pelle trasparente (gli inglesi avrebbero potuto mappare il sistema circolatorio umano senza nemmeno studiare i cadaveri).
La popolazione Gallese si compone anche di molti gabbiani.
Grossi, grossi, che avrebbero fatto paura a quel non-longilineo di Hitchcock.
Ti guardano supponenti, forse sono loro i veri proprietari del Galles.
In generale la citta’ sembra “giovane”, un po’ confusa ma dinamica, quansi in divenire. Esattamente il contrario dell’ultraconservatrice Svizzera, insomma, il Galles e’ un bel posto dove vivere, anche se forse turisticamente meno appariscente.
Il secondo giorno vado all’universita’ per il secondo colloquio(la ricerca sara a meta’ tra universita’ e l’azienda).
Il dipartimento non sembra grande, ma ha due premi Nobel, la gente e’ affabile e cordiale.
Credo che ci siano almeno altri 6 candidati da intervistare.
Arrivo un po’ prima, stanno ancora intervistando il precendente ma non si sente niente.
Entro io, si inizia  a parlare. In realta’ ridiamo per tutto il tempo.
Non riesco a capire se le cose vanno bene cosi’: un intervista di lavoro non dovrebbe essere il massimo del formalismo e della serieta’?
Ad un certo punto mi fanno i complimenti per il mio inglese.
Dico che e’ la prima volta che me lo dicono. Aggiungo che quando facevo teatro in inglese mi facevano sempre fare parti da emigrato maltese, tipo giardiniere. Sono sicuro che potendo vivere fra “native speakers” potrei assurgere ad un ruolo a me piu’ congeniale, tipo re (del mondo).
Finisce l’intervista. Riapassandola a mente non capisco come sia andata.

Il giorno dopo ricevo una mail: li devo ricontattare al piu’ presto.
Chiamo immaginando di avere fatto qualche casino coi rimborsi dei biglietti, in realta’ vogliono sapere quanto vorrei iniziare a lavorare da loro.
Me lo faccio ripetere per essere sicuro.
Quando finisce la domanda: immagino che qualcuno bussi alla porta.
Sono io, armato di pipetta e buona volonta’.
Pronto a ripartire: conquistare il mondo non e’ difficile ma e’ importante trovare un buon punto di partenza.
Io inizio ad Agosto, staro’ li’ almeno 3 anni.
Io vado, voi restate dove siete, ma non crucciatevi, in fondo lo ammetto: le ragazze slave vestite da babbo natale sono un colpo di genio degno delle mie migliori fantasie di bimbo.

Thursday 2 July 2009

Il sole svedese tramonta a mezzanotte e risorge verso le tre

.Io pensavo che New York fosse la citta’ che non dorme mai  , ma non e’ che a Göteborg  si dorma tanto.
Gli Svedesi dovrebbero imparare a mettere alle finestre le Persiane o le Veneziane (non inteso come donnine), insomma delle tapparelle (ma non inteso come donnine di bassa statura).
La mattina un taxista svedese viene a prendermi.
Si parla del piu’ del meno e di politica.

Mi dice che lui e’ molto favorevole agli immigrati: “noi svedesi passiamo per gente aperta di mente, ma io non dico di si agli immigrati perche’ sono ingenuo: le famiglie di oggi sono meno numerose di quelle di ieri ed io ho bisogno che nuovi lavoratori contribuiscano a mandare avanti il nostro sistema pensionistico”.
Non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista, ma e’ vero!
Sopratutto per l’Italia, dove la gente ha una vita media piuttosto lunga (alla CGIL fra un po' saranno piu' pensionati che lavoratori).
Propongo quel taxista per la guida del PD, tanto piu’ o meno e’ lo stesso.


Ad Amsterdam una hostess spinge per fare entrare le valigie nel bagagliaio.
Qualcuno dice: “non pressi ci sono delle piante”.
La hostess ora mette una cura indicibile nell'inserire la valigia.
Gli olandesi sono etnologicamente dei giardinieri davvero dotati.
Idolatrano i bulbi di papavero. Un mio amico (che pero’ non e’ un agricoltore, dice che per certe piante gli olandesi vengono subito dopo i jamaicani).
Sul volo per Roma ci sono 50 preti americani come non se ne vedevano da anni, con la tonaca, vecchia maniera.
Vengono da un seminario texano e vanno a Roma a vedere il papa.
Mi trovo nel mezzo di un gregge di genti nerovestite che dicono: “che mi prenda un colpo se quello non e’ il vecchio Don Jhon”. Penso che sto espiando il fio qualche colpa, o sto accumulando credito per il futuro, poi penso a quel gran fio di un beffardo checkin-o (omino del check-in) che mi ha messo in mezzo a 'ste pecore nere.

L’ultimo aereo va verso Palermo. E’ Alitalia, ritarda di un ora. Un tizio grasso con camicia nera e cravatta rosa dice a un suo amico che se ne sta andando in pensione a 50 anni perche’ dipendente regionale. Non posso fare a meno di pensare a quanti emigranti ci servirebbero per pagargli la pensione.
Dopo 6 voli in meno di 24 ore sono davvero stanco.
Ma ho solo due giorni per preparare un altra intervista. Questa volta il colloquio e’ nella perfida Albione (non perdete il prossimo post dalla terra dei draghi volanti:  a Cardiff.

Friday 26 June 2009

La’ dove il sole non tramonta mai. Goteborg '09

Palermo - Roma Volo Alitalia ma in realta’ finiamo su un aereo Volareweb. Avevo sentito dire che l’Alitalia avesse aperto ai voli low cost , pensavo si riferissero ai prezzi, invece, intendevano gli aerei).
All’arrivo a Roma ci affianca un volo di stato.
Dalla scaletta iniziano a scendere delle persone, anche delle donne in tailleur, tipo delle Marcegaglie. Poco piu’ avanti dei giovani ciarlieri guardano, ammiccano e delusi dicono che speravano di vedere “puttanoni”.
Silvio dice che l’Italia all’estero ha un immagine appannata. A me sembra invece fin troppo ben definita.
Roma - Amsterdam
Questo volo e’ operato dalla KLM. Le hostess della KLM hanno un uniforme molto bella e che, invero, le rende tutte molto uniformi: sono bionde con gli occhi azzurri. I capelli sono racchiusi in una coda o  lasciati liberi. Probabilmene quello serve a indicarne l’esperienza e il grado.
Amsterdam- Göteborg
La Svezia e’ sempre bella. Coi laghi blu e le foreste verdi.
Il mondo ideale e’ la Svezia pero’ senza lo svedese (inteso come lingua...ma anche come maschio scandinavo). All’aeroporto mi vengono a prendere con un taxi-limousine. L’autista e’ di origine estone, dice che sapendo che veniva a prendere un siciliano si aspettava di vedersi apparire qualcosa di diverso. Odio deludere le persone: il prossimo viaggio portero’ sotto il braccio una testa di cavallo mentre con l’altro braccio faro’ roteare sopra la mia testa una pizza.
Il seminario va bene. Se vorro’ potro’ lavorare qui. Il capo e’ in gamba. Il capo ha una quarantina d’anni ed e’ il direttore di un istituto di ricerca. Non ho ancora trovato un capello Bianco, ma per la prima volta mi sono sentito anzniano...e non e’ bello.
Andiamo in un ristorante panoramico. La citta’ e’ bella anche se non c’e’ un qualcosa di particolare che la rende tale: e’ bella la sensazione di generale dinamicita’.
Un altra cosa che ho capito e’ perche’ le svedesi sembrano cosi’ belle e, secondo leggende che risalgono al ciclo norreno, anche disponibili.
Se le si separa dal contesto e si disinnescano i neuroni biondofili, le si trova di una bellezza semplice e non trascendentale. Eppure le svedesi sembrano piu’ belle della media delle donne.
Io ho capito perche’: le svedesi sorridono sempre (foto sopra).
Nel hotel c’e’ anche una conferenza internazionale. Scopro che e’ sulla salute sessuale. Per una giornata giocata sugli stereotipi siamo ai livelli dei film sexy di Pierino degli anni ’70.
Decido che e’ troppo e sono troppo stanco. Mi raccolgo col cucchiaino, finalmente raggiungo la mia stanza, doccia, spengo la luce e a letto dove spero di potere dormire presto e bene.
Ma non ci riesco: qualcuno s’e’ scordato di spegnere il sole.
Il prossimo post, con la seconda parte del viaggio in Svezia verra’ pubblicato Domenica notte. Da lunedi sono nella perfida Albione.

Saturday 20 June 2009

Chiusa parentesi punto e a capo.



Ricordo tante albe in cui tornavo a casa.
Passando il ponte sull’Elba vedevo sorgere il sole e avevo solo voglia di dormire per tre giorni...anche un po’ scazzato, visto che si sperava sempre di potere rimanere a dormire da qualche donnina che vivesse nell’altro lato del fiume.
Era la classica alba da ritorno a casa.
Stamattina, sono andato alasciare i miei all’aeroporto.
Partivano per il Marocco e la Sicilia si congedava mettendo su una luna araba degna delle fiabe delle Hazār afsane Iraniane.
Vedevo la gente della mia citta’, i vecchietti sotto i portici in piazza, quelli che aspettavano gli autobus, gli scaricatori del mercato che sanno che fra due ore lo stesso lavoro sotto un caldo torrido costerebbe molta piu’ fatica.
E’ una bella alba: da un senso di operosa tranquillita’.
E’ un alba da partenza, ma non lo so spiegare meglio di cosi’.
So solo che da un pò vivo un alba da partenza, o da ripartenza.
Dopo mesi di parentesi e riposo, mi sono arrivate 4 richieste di interviste in 4 stati, per lavori diversi.
Mi serviranno una ventina di voli per andare da un posto all’altro, dovrò cercare di non sbagliare seminario.
Non so bene come finira’ o dove sara’ il mio prossimo lavoro.
So solo che in questo momento e’ bello immaginarmi tutto e sopratutto pensarmi felice a costruire qualcosa con la mia ragazza (anzi visto che lei è architetto, lei costruisce ed io supervisiono i lavoro facendo il pignolo con le braccia dietro la schiena).
Forse in futuro avro’ un cane.
Forse in futuro dovro’ comprarmi un altra moto.
Forse dovrei smettere di pensare, godermi l’alba e semplicemente prepararmi a partire.
La prima tappa e’ nel paese delle bionde donne dove la notte non scende mai, le aurore sono boreali e le donne sono bionde (l’avevo gia’ detto? Va beh....e’ che sono molto bionde).
Ale, per il referendum non ci ho capito un granche’: io pensavo che chiedessero altre cose (reintrodurre la preferenza). Comunque io voto solo al terzo e voto “no”.

Saturday 16 August 2008

Ich bin ein Berliner

I Berliner, sono dei bomboloni. Quando preparati in casa, ogni cento, 99 contengono mirtilli mentre uno viene riempito di mostarda.
Quando hai il cesto davanti, la sorpresa e' sempre dietro l'angolo.

Il soprendente dolciume ben contraddistingue la piu’ incredibile delle capitali europee.
Una citta’ che fu nera piu’ del nero, divenne di un profondo rosso, mentre oggi, per non sbagliare, e’ multicolore.


Qui, a Tempelhof eroici piloti d’aereo eroici portavano provviste con un ponte aereo, per salvare Berlino dalla morsa dei cattivi comunisti.
Poco piu’ avanti, invece, gente che non era adatta alla selettivita’ del sistema capitalista, abbandonava il passaporto in cambio del lavoro, il cibo e la dignita’ garantiti dal socialismo reale.


Li’ a destra c’e’ un museo che contiene l’incredibile ara di Pergamo odierna Turchia (per me piu’ bella del Partenone e i suoi p-fregi perfidalbionici).
Non e’ bello spostare i monumenti, pero’ Berlino e’ la seconda citta’ Turca, allora forse stride meno....solo che ieri cesellavano marmi e oggi scolpiscono kebab....ma anche pizza.


La definizione di genti e cucine Mediterranee, nella mittleuropa, e' un po' caotica.
Come pretendere l’ordine da chi chiama il beverone nazionale, Berliner Weisse, (che significa Bianco) e altro non e’ se non birra e colorante di verde o rosso fosforescente (v. foto).


Mi piace Berlino in estate: e’ verde di parco e azzurra di cielo.
Ci si sente in pace con la natura circostante, in una citta’ cosi’ e molta gente va a piedi nudi nei parchi.
Poi arrivano le api e ricominci a odiare la natura.


Non so quale monumento possa identificare questa citta’: credo che questa si trovi tra i ragazzi dello Zoo di Berlino, i gurken di Sprewald, il sanguinaccio con composta di mele che mi sono mangiato vicino a Friedrichstrasse ma anche in mille altre piccole o grandi cose.

E’ una citta’ giovane, in divenire, con i pregi e i difetti della gioventu’:
Ha molto passato, poca arte del passato.
Il fiore del padiglione della Sony center a Potsdamerplatz, coi suoi petali, colori e giochi d’acqua sembra un ode alla capacita’ di creare luoghi pieni di vita, tecnica e grazia.
Ammiro la pragmaticita’ e la bellezza di queste opere.
I tedeschi fanno poesia con l’architettura.


Mentre ascolto un pezzo sinfonico, rimuginando questo post non posso fare a meno di chiedermi come e dove riescano a infilare la marmellata dentro i Berliner e perche' gli orchestrali non si lamentino.
Ho un libro con le architetture visionarie di Goethe e le liriche equilibrate di LM Van der Rohe.
Rifaccio la valigia, che mi si aspetta ad Amburgo.

Tuesday 5 August 2008

Ognuno ha la Madeleine che si merita: io Dresda.

Una sera, con alle spalle un tramonto infuocato, arrivai in citta'. 
Ci sono posti che ci fanno sentire fortunati.
Magari non lo siamo, o forse si: in fondo, sentirsi fortunati, significa esserlo.
Si porta fortuna chi crede in se stesso.
Qua non sembra assere cambiato un granche’: i punk a Neustadt bevono la stessa birra davanti ai pub.
Ricordo quel pub, vi conobbi una ragazza con la pelle chiara e gli occhi scuri.
Parlammo un po’, poi mi diede il suo numero, scrivendomelo sulla mano.
Me ne andai in bici contento come un bambino con uno zaino pieno di caramelle: non vedevo l'ora che fosse domani.
Nevicava ed io ero in bici, ma non me ne importava niente.
Arrivai a casa, aprii la mano. Potei solo per stringervi un fiocco di neve imbevuto dall’inchiostro di un numero illegibile: quanto mi rimaneva di quella ragazza che non rividi piu’.

Quel parco la’, lo presi con la bici a tutta velocita’: il regista ci avrebbe ucciso se non fossimo stati in teatro con largo anticipo, per la prima teatrale. Io avevo fatto tardi in lab e correvo, presi sotto una lastra di ghiaccio e capitombolai. Cadendo, rividi tutta la mia vita, come un film; si dice capiti davanti alla morte.
Per fortuna finii su un cumulo di neve.
Poi arrivai a teatro in ritardissimo e il regista mi fece rivedere la mia vita di nuovo a via di cazziate.

Una volta abitavo la’, accanto all’Elba. Un fiume senza argini, con un letto delimitato solo da larghi prati verdi dove correre.
Ma i Sassoni sanno che e’ un fiume buono: straripa una volta ogni cent’anni.
Io aggiungo che e’ gentilissimo, infatti, per la sua squisita cortesia m’e’ venuto a salutare nell' appartamento (cantina) ben 2 volte in 4 anni.
Questo per quanto riguarda i ricordi felici.
Poi ci sono stati anche periodi brutti: ma non si puo’ definire “proprio” un luogo, se non si e’ "vissuto".... Mentre vado in bici mi viene voglia di cantare, apro la bocca e lo faccio.
Proprio in quel momento ingoio un moscerino che canticchiava in senso contrario.
Dopo quest’ ingestione di proteine, passando davanti al pub  Raskolnikov, non posso fare a meno di pensare che io e Dostoevskij abbiamo vissuto sia a Dresda che a Ginevra.
Potrei mettermi anche io a scrivere l’idiota.....ma preferisco farlo e raccontarvelo: preparo lo zaino per Berlino.

Saturday 21 June 2008

Core de Roma et alia

L’esame inizia nella sala prelievi. 
Ele mi fa vedere un antica casa di malaffare, la cui facciata è decorata da donnini ignudi. Poi si vedono donnini allegri sulla Aurelia e altri di facili costumi sulla salaria. Non capisco se sia scarsa a guidare o mi prenda in giro. Le faccio presente che vorrei vedere qualcosa di "diverso". Con la macchina passiamo dove battono i trans.
Qui mi chiedono 10 ml di sangue e 165 Euro. 
Da donatore di ingenti quantita’ di sangue A-, propongo di tirare fino a 400 ml e di tenere pure il resto in contanti.
Seguono altri esami, un po’ piu’ accurati di quelli della visita dei 3 giorni a Taranto, quando si avevamo 17 anni.
Ricordo tanta noia e un medico che chiese a noi in fila: “avete avuto problemi di cuore?” un ragazzo balbettò timido: “Ecco , con la mia ragazza ultimamente”....venne travolto da grida del medico militare che tra gli improperi ebbe a specificare: “Cardiaci!!!”
Qui sono piu’ gentili, ci sono un sacco di ragazzi per lo stesso sogno astronautico. Da come guardano desiderosi un aeroplana ignudata dalla carlinga, capisco essere tutti ingegneri spaziali. Speriamo prendano biologi (che modestamente siamo più bellini e non sporchiamo).
L’esame finisce coi soliti test psicologici in cui se dici che ti piace il fioraio vuol dire che sei omosessuale,  e se ti piacciono i fiori, forse, pure....a me piacciono le piante di plastica e quelle di robusta costituzione (grasse) che poi sono le uniche che mi sopravvivono.
Mi viene rilasciato il certificato (JAR-FCL-3 di classe 2). Ora posso portare gli aerei (il primo passo per pilotare astronavi). Esco a riveder le stelle.

Chiamo Eleonora, collega temporameamente a casa, cioè qua a Roma.
Mi passa a prendere, mi porta a vedere il Coppede’ che si contraddistingue per le ardite architetture, gli immaginifici rilievi e l’assoluta mancanza di posteggio.
Andiamo a cena dai suoi e siamo pronti per la partita dell’Italia con l'Olanda.
Finisce male. Il ragazzo di Ele Francese (marcio), ci circuisce.
Noi si sorride con signorilita’ (ma si pensa che la sorella di Zidane e quella di Frank peripateggino insieme).
A tal proposito, dopo la partita usciamo di nuovo.
In questa città c'è di tutto. Perfino chi compra la gioia, e lo scrive in grande tra le vie del centro (v. foto)
Comunque sono sicuro che Ele non si sappia orientare bene a Roma quando finiamo due volte all’EUR, a distanza di 15 minuti. Però vediamo un sacco di cose (anche non di malaffare, allegre o di facili costumi).
Questa citta’ e’ fantastica. Ogni suo muro riecheggia delle anime di coloro che vi sono passati e vissuto.
Questa frase significa che ad ogni manovra di Ele riecheggiano li mortacci delle generazioni passate. Frank osserva la citta’ celando la sua paura e il suo essere sotto il sedile. Io rido: ci sono giorni in cui senti che non puo’ succederti niente.
Infatti poco dopo,bevendo un Cuba Libre in un pub fluorescente davanti al Colosseo, all’improvviso...

Monday 16 June 2008

Roma non si costrui’ in un giorno. Anche demolirla richiederà tempo.

L’alba sorge lenta dietro le montagne rosa, sarebbe stato un bello spettacolo, ma il sonno lo e’ di piu’. Mio fratello mi sveglia,  mi scarica dalla macchina all’aeroporto e parto per la capitale.
A Roma ci venivo quand’ero piccolo.
Ricordo i romani di allora.
Oggi, sembra passato un secolo. Dicevo: ricordo quegli antichi romani, piccoli, gentili, con gli occhi a mandorla e la macchina fotografica.
Venivano tutti a fotografare il foro di Roma.
Il giornale dice che oggi Roma sta piena di buche e fori...saranno contenti sti Giapponesi.
Il giornale dice anche che Roma e’ degradata. Effettivamente sui quartieri neri ci sono un sacco di scritte sui muri. Alcune sono alquanto enigmatiche (e sembrano uscite da “la settimana enigmistica”).
A Trastevere leggo: “la soluzione: fuori i Rom da Roma”. Se fosse un cruciverba, scriverei “A”. La frase mi sembra involontariamente divertente. Penso che ache: “Fuori i Cinesi da Cinisi” non sarebbe male.
Pero’ nell’Italia di oggi, abbiamo messo la mafia e l'antimafia a Cinisi, i Cinesi a Prato, mentre di prati se ne vedono sempre meno.
Sul bus, avanti a me c’e’ una donna nera con ampi vestiti coloratissimi che parla con le sue amiche in un italiano perfetto, con un divertito accento romano.
Accanto, un ragazzo incupito, in jeans e maglietta attillati e cappellino squadrato degli irriducibili da a laziee.
Sembra un campione dell’Italia di oggi. Io sempre piu’ mi sento vicino agli immigrati regolari.
Al pomeriggio sperimento la solitudine estrema. Un mondo di spazi immensi, vuoti e freddi.
Con questa definizione mi riferisco sia alla visita al museo del planetario che mostra i confini dell’universo, sia alla camminata all’EUR di domenica pomeriggio...c’e’ piu’ vita ai confini dell’universo.
Alle 16,00 inizia lo spettacolo del planetario. Sono solo, dalle comode poltrone sdraiate si vede la volta celeste proiettata sul soffitto, mentre una voce calda descrive le meraviglie dello spazio profondo.
Sembra di essere in un sogno. E il sonno si fa sentire cosicche’ cado in un sonno ristoratore dalle parti della costellazione dell’Auriga.
Mi risveglia il rumoroso impatto di una cometa impertinente.
Esco e vado verso l’ostello, al Castro Pretorio. Qui risiedevano i body guards dell'imperatore. Erano 16.000 (altro che Whitney Houston).
Sull’autobus, sebbene stanco, cedo il posto a una donna incinta. Portatrice di vita.
Poi lo cedo a una donna anziana, che di vita ne ha vista tanta.
Però mi rifiuto di cederlo a una monaca. La mattina, leggere questa notizia m’ha disgustato, e ci tenevo a fare un dispetto a chi della vita non ha rispetto.
Arrivo all’ostello.
Entro nella camera comune, dietro un sofà, di fronte al televisore, giuovini comunicano con suoni gutturali....o meglio, si sta svolgendo a una gara di rutti da birra. Vince una procace biondina Australiana. Molti backpackers fanno il giro dell’Europa, ieri Amsterdam, oggi Roma, fra due giorni Londra.
Tanta precaria e allegra pazzia mi riporta ai tempi in cui ero Erasmus.
“Si sta come d’autunno
sugli alberi le foglie
e curnutu cu sinni penti”.

 Fra 3-4 giorni la continuazione: la visita medica, la partita, il Coppede’ etc.

Monday 10 December 2007

In viaggio

Parlo col mio capo in inglese, con la tecnica che mi aiuta e la studente si discute in spagnolo, comprendo la gente che attorno a me parla in francese, coi miei parlo in italiano.
Anni fa non avrei mai immaginato tutto cio’.

Partendo per la Germania lo zaino era super pieno, nella mia mente c’era un sacco di spazio per imparare entusiasticamente e nel mio cuore c’era tanta voglia di costruire qualcosa.
Allora parlavo troppo, pensavo poco cosi’, poche cose potevano ferirmi.
E pensare che conoscevo solo le frasi di inglese scolastico e una di queste (“the window is open”) non serviva a niente visto che fuori faceva c’era neve da mesi e le finestre erano sempre chiuse.
L’altra frase era: “the penis on the table”....

Ero un cervello in fuga, ma nel mio caso le parole “cervello” e “fuga” erano sbagliate.
Cervello era una parola eccessiva; fuga era imprecisa.
Scoprire che c’era un intero mondo oltre le montagne da piccolo era stato eccitante.
In quel mondo scoprivo che cucinare delle ricette "semplici" poteva farti guadagnare la stima (adesso la chiamo cosi?) di valchirie da lunghi capelli.
Apprendevo che fare le pulizie di casa e’ pesante (e frequentare donne calve faciliterebbe le faccende domestiche).
Imparavo che i parametri di sempre andavano cambiati:  a volte, anche se il cielo fuore e’ blu,  s’incagghiano i cardiddi  che congelano col freddo.
Parimenti, quando mi sentii toccare dietro seguendo i miei pre-giudizi sospettavo orgoglioso della procace scandinava, ci rimasi male a scoprire invece che era stato l’indiano segaligno.
E imparai a quanto la diistanza amplifichi tutto: se una mamma chiede come va, la risposta deve essere positiva e entusiasta, per non farla preoccupare. Oggi ci sono le webcam, e’ piu’ difficile.

Sono stati anni intensi. Sono cresciuto. Oggi parlo poco, probabilemente penso troppo, poche cose possono ferirmi.
Forse fra un po’ dovro’ ripartire per una  nuovo posto che ancora non so.
Non ho paura, sono stranamente calmo. Sono solo stanco: e’ diverso quando a 24 anni si prepara uno zaino pronti a cambiare paese, lingua e amici. Diventa piu’ difficile quando si vede che la moto sarebbe pronta ad accompagnarti, ma dentro si iniziano a sentire i 30.

Ma mi adatto bene dappertutto. Vedremo.
Parlo col mio capo in inglese, con la mia studente in spagnolo, ascolto le voci attorno a me che parlano in Francese, mentre ogni tanto sento i miei e parlo in italiano.
Se mi chiedi in che lingua sogno, pero', non te lo so piu’ dire.