A me non era sembrata una bella idea, ma alla fine misi su la maglietta da calcio e "scesi in campo".Avevo una maglietta da professionista e su c’era scritto il mio cognome.
Entrai in campo, tutti mi guardarono con timore: loro non avevano il nome scritto sulla maglia.
Mi ricordavano il mio contributo ai grandi successi: tipo quella volta che perdemmo di tanto, ma nel dopopartita sconfiggemmo i fisici nel grande gioco che e’ la vita: “birra e salsiccia”.
Io, longilineo avevo guidato la riscossa e dopo avere bevuto 0,5 l di birra fredda in un sorso, avevo emesso il barrito di vittoria che significava una sola cosa: “til gatto di Schrödinger era morto".
Ricevetti la palla, mi vennero addosso in maniera scomposta e cattiva. Era chiaro che le regole del gioco non erano piu’ quelle di una volta. Mi lamentai, risposero che lo facevano perche’ ero un professionista, col mio nome scritto sulla maglia.
Ammisi che la maglietta me l’aveva prestata mio fratello....quindi furono piu’ gentili.
Presi la palla e la passai, ci fu un contropiede. Ripresi la palla, scesi sulla fascia e la crossai, prendemmo un gol. Mi diedero il pallone, dopo un dribbling ubriacante vidi la porta davanti a me; il pallone si insacco’ nella nostra porta poco dopo.
Ero libero davanti al portiere, reclamai a gran voce la palla, sentii delle frasi che si confondevano con il rumore della pioggia, non capii bene cosa c’entrasse la mia mamma.
Stavo giocando male. Mi sembrava di essere in una della scene di Matrix dove tutti rallentano il tempo e schivano le pallottole.
Io ero la pallottola, loro quelli che schivavano.
Eppure c’era stato un tempo in cui ero riuscito fare cose incredibili.
Ricordo una palla che arrivava con me spalle alla porta. La presi col tacco e la diressi, veloce sotto la traversa.
I difensori non avevan capito niente, il portiere, non aveva capito niente.
In quel momento mi sarebbe piaciuto capirci qualcosa io.
Si dice che servano 3 punti fissi per segnare una rotta.
Quel momento e’ fissato nella memoria mia e di quei pochi che quella domenica mattina di pioggia giocavano in quel parco di Cambridge.
Il secondo punto fisso e’ quella volta che campeggiammo in un camping dell’FKK, il terzo lo cerco ancora.
La partita era finita, avevamo perso. Di tanto.
Non mi preoccupavo la settimana dopo, alla stessa ora, sarei stato piu’ pronto e allenato e avrebbero visto qualcosa che finora nessuno potrebbe mai immaginare.
Dopo tanto tempo avevo ritrovato a casa, la spilla del “Club di Topolino che credevo perduta per sempre..
Entrai in campo, tutti mi guardarono con timore: loro non avevano il nome scritto sulla maglia.
Mi ricordavano il mio contributo ai grandi successi: tipo quella volta che perdemmo di tanto, ma nel dopopartita sconfiggemmo i fisici nel grande gioco che e’ la vita: “birra e salsiccia”.
Io, longilineo avevo guidato la riscossa e dopo avere bevuto 0,5 l di birra fredda in un sorso, avevo emesso il barrito di vittoria che significava una sola cosa: “til gatto di Schrödinger era morto".
Ricevetti la palla, mi vennero addosso in maniera scomposta e cattiva. Era chiaro che le regole del gioco non erano piu’ quelle di una volta. Mi lamentai, risposero che lo facevano perche’ ero un professionista, col mio nome scritto sulla maglia.
Ammisi che la maglietta me l’aveva prestata mio fratello....quindi furono piu’ gentili.
Presi la palla e la passai, ci fu un contropiede. Ripresi la palla, scesi sulla fascia e la crossai, prendemmo un gol. Mi diedero il pallone, dopo un dribbling ubriacante vidi la porta davanti a me; il pallone si insacco’ nella nostra porta poco dopo.
Ero libero davanti al portiere, reclamai a gran voce la palla, sentii delle frasi che si confondevano con il rumore della pioggia, non capii bene cosa c’entrasse la mia mamma.
Stavo giocando male. Mi sembrava di essere in una della scene di Matrix dove tutti rallentano il tempo e schivano le pallottole.
Io ero la pallottola, loro quelli che schivavano.
Eppure c’era stato un tempo in cui ero riuscito fare cose incredibili.
Ricordo una palla che arrivava con me spalle alla porta. La presi col tacco e la diressi, veloce sotto la traversa.
I difensori non avevan capito niente, il portiere, non aveva capito niente.
In quel momento mi sarebbe piaciuto capirci qualcosa io.
Si dice che servano 3 punti fissi per segnare una rotta.
Quel momento e’ fissato nella memoria mia e di quei pochi che quella domenica mattina di pioggia giocavano in quel parco di Cambridge.
Il secondo punto fisso e’ quella volta che campeggiammo in un camping dell’FKK, il terzo lo cerco ancora.
La partita era finita, avevamo perso. Di tanto.
Non mi preoccupavo la settimana dopo, alla stessa ora, sarei stato piu’ pronto e allenato e avrebbero visto qualcosa che finora nessuno potrebbe mai immaginare.
Dopo tanto tempo avevo ritrovato a casa, la spilla del “Club di Topolino che credevo perduta per sempre..